Strade. Caso Autostrade, Balzani attacca: “Enormi responsabilità di Pd e destra berlusconiana”

Duro intervento su Facebook dell'ex sindaco di Forlì: "Altro che tweet e recriminazioni da parte degli indifendibili protagonisti dei passati ministeri! Sarebbe meglio il silenzio e il ritiro a vita privata"

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Le responsabilita’ politiche sugli accordi con Autostrade? “Quelle del Pd e della destra berlusconiana (nonche’ della Lega pre-Salvini), sono enormi. E su questo terreno deve misurarsi la discontinuita’ della classe dirigente, anche d’opposizione”. Sulle convenzioni autostradali, nel mirino del Governo M5s-Lega dopo il crollo del ponte sulla A10 a Genova, interviene l’ex sindaco di Forli‘ Roberto Balzani, gia’ sfidante di Stefano Bonaccini quattro anni fa alle primarie Pd per la Regione e oggi presidente dell’Ibc dell’Emilia-Romagna.

Balzani non risparmia critiche agli ex amministratori che hanno gestito la materia: “Altro che tweet e recriminazioni da parte degli indifendibili (sotto questo aspetto) protagonisti dei passati ministeri! Sarebbe meglio il silenzio e il ritiro a vita privata”, suggerisce Balzani in un post assai netto pubblicato sabato su Facebook e ripreso dalle agenzie di stampa.

“La blindatura legislativa delle convenzioni autostradali, passata pure nel codice degli appalti – scrive Balzani – costituira’ un ostacolo formidabile sulla via intrapresa dal governo. Essa testimonia il regime di favore eccezionale che, fra il 2007 e il 2017 (ma le radici vanno cercate allo scadere del secolo scorso), e’ stato accordato ai concessionari. Perche’? La lettura indulgente dice: perche’ in questo modo, compiendo lavori in proprio per importi consistenti, i concessionari effettuavano investimenti per conto dello Stato, di fatto non soggetti ai vincoli stringenti del bilancio pubblico in quanto finanziati negli anni dai pedaggi. Contribuivano cosi’ all’occupazione in un settore strategico e alla crescita del Pil”.

Ma c’e’ anche, scrive ancora Balzani, una “lettura maliziosa” sulle ragioni della ‘blindatura’, che dice: “Potendo effettuare lavori con societa’ in house per percentuali consistenti (addirittura l’80%, poi abbassata), essi potevano liberamente gestire i subappalti, favorendo imprese (cooperative e non) ‘amiche’ o ‘vicine’ ai partiti di governo. Fiumi di appalti assicurati senza l’obbligo di documentare procedure di gara”.

“I soldi erogati direttamente dai concessionari ai movimenti politici, al paragone, sono bazzecole: un rivolo quasi insignificante, rispetto a questo flusso imponente, una parte del quale tornava certo a vantaggio dei partiti e dei loro clientes”. In entrambi i casi, sostiene l’ex primo cittadino di Forli’, “e’ evidente un ‘buco’ clamoroso: l’apparato pubblico di controllo, di verifica, di tecnici specializzati. I ministeri perdevano competenze e professionalita’, i concessionari, viceversa, erano sempre piu’ preparati e piu’ forti. So per esperienza diretta come vanno le cose. I comuni, nei confronti delle multiutility, hanno finito per trovarsi nelle stesse condizioni. Asimmetrie informative, le chiamano”.

Detto cio’, “al di la’ della discussione contingente sui risarcimenti, sulle revoche o sulle decadenze, e dell’impossibile ritorno ad una condizione tutta pubblica (per la quale, oltre che i soldi, mancherebbero oggi anche le menti), l’urgenza, per lo Stato, e’ quella di ricostruire un corpo tecnico nei ministeri e di rivedere, a partire da essi, le concessioni. Senza tecnici pubblici preparati e leali non c’e’ nulla da fare: vinceranno sempre gli altri. I politici da soli non bastano”.

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