Frutticoltura. Ricerca Nomisma: in 10 anni l’export romagnolo ha perso il 20 % di frutta fresca

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Già all’inizio  dell’estate Fruitimprese Emilia-Romagna aveva dichiarato che le imprese ortofrutticole dell’Emilia Romagna “sono al limite di resistenza” e che era giunta l’ora “di pensare ad un Piano frutticolo nazionale per tutelare un comparto che è la seconda voce del nostro export agroalimentare e che rappresenta un volano straordinario di  occupazione, economia e tenuta sociale per vaste zone del nostro Paese”.

“Adesso giunge la ricerca di Nomisma a certificare che negli ultimi 10 anni la Romagna ha perso il 50% della sua peschicoltura e l’export romagnolo di frutta fresca ha perso quasi il 20% (2008-2018) e quello di ortaggi e cereali il 76,5%. In sintesi, la specializzazione del distretto romagnolo, dice Nomisma, non è più in grado di reggere la concorrenza spagnola  sul mercato di pesche/nettarine perché  la Spagna non solo può vantare una maggiore efficienza grazie a minori costi di produzione ma anche una miglior organizzazione e programmazione sia produttiva che commerciale”.

E’ il commento di Giancarlo Minguzzi, presidente di Fruitimprese Emilia-Romagna  e della OP Minguzzi Spa di Alfonsine (RA), alla indagine di Nomisma Agroalimentare su “Competitività dell’agricoltura romagnola e prospettive di mercato”.

“Di fronte all’evidenza di questi numeri – continua Minguzzi – occorre  farsene una ragione, i consumi cambiano e bisogna guardare avanti. Negli ultimi dieci anni comunque sono aumentate le produzioni di susine, albicocche e mele precoci, così che il gap quantitativo si è ridotto. Continueremo a produrre pesche, ma soprattutto nettarine, se saranno buone da mangiare, ma anche per susine e albicocche occorrerà abbandonare velocemente le produzioni  che non hanno queste caratteristiche e occorrerà mettere dei paletti che sono il calibro minimo, il grado zuccherino e l’acidità. Occorre alzare il livello qualitativo, non ci sono alternative”.

Per quanto riguarda le pere, “il problema cimice non è altro che la botta finale, poiché era già dura fare bilancio quando i volumi di prima qualità erano (e sono) insufficienti. Contro la cimice la Regione Emilia Romagna, attraverso l’assessore all’Agricoltura Simona Caselli e il suo staff, è intervenuta tempestivamente raccogliendo l’appello del mondo produttivo. L’unico appunto che si può muovere è il limite all’aiuto in conto interessi che credo insufficiente in relazione all’entità del problema. Comunque sarà importante che anche le associazioni di categoria e le OP diano tutto l’appoggio necessario in maniera compatta e unitaria per difendere la frutticoltura della Regione dalla minaccia di questo insetto”.

Fruitimprese Emilia Romagna è l’associazione  che riunisce le grandi imprese private commerciali dell’ortofrutta della regione per un fatturato di 900 milioni di euro/anno e il 60% di export.

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