Il forlivese Andrea Schiumarini racconta la sua seconda Dakar consecutiva conclusa: “Obiettivo raggiunto”

L’edizione 2020 della Dakar, svoltasi quest’anno in Arabia Saudita e conclusasi il 17 gennaio, ha totalizzato un percorso di 7900 chilometri, di cui 5000 di prove speciali, vedendo la partecipazione di 351 veicoli tra moto, quad, auto, SSV e camion. Numeri importanti per un rally raid conosciuto in tutto il mondo per le sue storie, le sue avventure, i suoi eroi ed i suoi drammi, ultimo dei quali la tragica scomparsa del pilota portoghese Paulo Goncalves, proprio in questa edizione.

Il team romagnolo formato da Andrea Schiumarini ed Enrico Gaspari, cimentatosi alla Dakar 2020 alla guida del Mitsubishi Pajero WRC+, è riuscito a concludere la lunghissima corsa nonostante i tanti inconvenienti meccanici incontrati. Una prova impegnativa e non priva di momenti difficili, che però i due piloti forlivesi sono riusciti a risolvere con determinazione, esperienza e una buona dose di ottimismo. Per Andrea si tratta della seconda Dakar consecutiva conclusa, un traguardo certamente ragguardevole. E’ proprio il pilota forlivese a raccontarci il suo stato d’animo in merito, oltre ai momenti salienti della sterminata corsa.

Andrea, seconda Dakar conclusa con la novità del podio celebrativo in categoria T1. Un risultato tutt’altro che scontato…
“Nonostante tutte le avversità incontrate, siamo riusciti a completare la Dakar. Siamo arrivati 53° assoluti e 11° nella categoria T1 dedicata alle ruote motrici. Ammetto che ci aspettavamo qualcosa di più, perché a livello di veicolo e pilotaggio il potenziale c’era. Purtroppo qualche inconveniente di troppo ci ha rallentato. Il podio simbolico in T1 è stato comunque un segno di gratitudine e non possiamo che felicitarci per aver concluso anche nel 2020 la Dakar”.

Dakar 2020 R-Team Schiumarini

Il Pajero WRC +, mezzo con il quale avete affrontato la Dakar 2020, come si è comportato su tutti i differenti terreni affrontati?
“Molto bene. Soprattutto nella prima settimana, abbiamo affrontato terreni molto duri che hanno messo a repentaglio in più di un’occasione la meccanica del mezzo. A livello telaistico il Pajero WRC + si è comportato egregiamente. I problemi di affidabilità sono stati dovuti alla mancanza di test prima della partenza, penso in particolare alle noie di surriscaldamento”.

Sotto quali punti di vista il navigatore Enrico Gaspari s’è rivelato fondamentale per il traguardo raggiunto?
“Sotto più fronti direi. Enrico ha sempre mantenuto alto l’umore, generando energia positiva, confermando le sue ottime abilità di navigatore. In particolare, tra i canyon e i labirinti di rocce s’è destreggiato molto bene, dovendo cercare in più di un’occasione il proverbiale ago nel pagliaio. Io ed Enrico ci siamo alternati alla guida e alla navigazione nell’arco della lunghissima corsa. Ammetto che, nel ruolo di navigatore, ho faticato un po’ durante i primi giorni. Tendevo a guardare cosa faceva il pilota (Gaspari ndr) e penso fosse un condizionamento dato dal ruolo che sento più mio. Io ed Enrico ci siamo consigliati a vicenda e questo ci ha permesso di crescere entrambi”.

Schiumarini Gaspari Dakar 2020

Com’è stato il rientro in patria, in particolare nella Romagna?
“E’ stato meraviglioso, credimi. Abbiamo trascorso 24 giorni in un Paese molto diverso dal nostro e la bellissima festa a sorpresa in Romagna ci ha emozionato profondamente. Pensa che in 24 giorni sono riuscito a interagire veramente con una sola persona del posto! Gustare un bel piatto di tagliatelle al ragù dopo l’esperienza in Arabia Saudita è stata un toccasana impareggiabile (ride). In Perù, lo scorso anno, eravamo circondati da un clima festoso, con i fan che ti trattavano da star poiché estremamente appassionati della Dakar. In Arabia Saudita, invece, siamo stati benvenuti dai presenti, ma non ho percepito assolutamente passione per la corsa da parte degli spettatori. L’evento come la Dakar 2020 mira a far conoscere l’Arabia Saudita nel mondo, ma ho la sensazione che il Paese non abbia interesse a far conoscere la gara agli arabi. Un aspetto che rende il tutto un po’ freddo”.

Schiumarini Gaspari Dakar 2020 Romagna

Vi siete confrontati anche con gli usi e costumi locali in Arabia Saudita. Che esperienza è stata?
“Nel rientro da Ryadh verso Jeddahi siamo fermati a parlare con persone e pastori lungo la strada, sostando in alcune osterie. Il popolo arabo è molto accogliente, ma sembra “timido” e non si è dimostrato espansivo”.

Schiumarini Gaspari Dakar 2020

Il guasto meccanico all’anteriore sinistra nello stage 11 a Shubaytah – Haradh è stato prontamente riparato dall’R-Team, così come altri intoppi lungo lo sterminato percorso. Sempre una garanzia i ragazzi dell’R-Team?
“Un guasto causato da un errore di guida, con la conseguente rottura di una componente all’anteriore sinistra. Fortunatamente i meccanici R-Team hanno riparato celermente tutto l’avantreno e in tre ore siamo potuti ripartire. I ragazzi R-Team sono sempre una garanzia”.

Nello stage precedente (il 10 ndr) il maltempo vi ha tenuti fermi. Ci racconti quei momenti?
“Il regolamento 2020 prevedeva una sosta ogni 300 km, per consentire riposo ai concorrenti. Essendoci molto vento in quel frangente gli elicotteri non potevano alzarsi in volo data l’ingente quantità di sabbia in movimento per cui, a maggior ragione, è stata imposta la sosta dalla direzione gara. Quanto a noi, è stata un’occasione per riparare i danni al differenziale della vettura. Eravamo in mezzo al deserto in un parcheggio dotato di antenna e pista atterraggio elicotteri.  Nelle strutture di accoglienza i piloti e rispettivi team potevano lavorare sulle macchine. Fernando Alonso, arrivato al traguardo prima di noi, era qualche metro avanti la nostra postazione ed è stata una vera emozione vederlo all’opera mentre aiutava i suoi meccanici a riparare i danni sul veicolo rimediati nel cappottamento. ‘Nando si è messo in gioco in una categoria che non gli appartiene e penso abbia posto le basi per eventuali future edizioni. Lo ammiro molto”.

Dakar 2020 Schiumarini R-Team

Qual è stata, secondo voi, la tappa più difficile del rally?
“Sicuramente la 11, a causa del problema meccanico incontrato. Tuttavia, anche senza inconvenienti meccanici, credo avremmo visto i sorci verdi comunque. Accorciatasi la 10, che sarebbe potuta essere la tappa maggiormente difficile, la 11 è divenuta de facto la più complessa. Non era possibile effettuare interventi sulla macchina ed era un lungo tratto sabbioso. Il mezzo era già stato messo a dura prova nei dieci giorni precedenti e quindi, a maggior ragione, un bel casino”.

Come avete superato lo shock per la scomparsa del veterano motociclista portoghese Paulo Goncalves?
“Purtroppo siamo passati a fianco dell’incidente e la presenza di tre moto mi aveva insospettito molto. Quando siamo arrivati al bivacco ci è stata comunicata la morte di Goncalves e i miei peggiori timori si sono avverati. Sul momento, con la foga della gara, non realizzi pienamente la gravità dell’accaduto, ma già il mattino successivo, mentre ti accingi a fare colazione, ti piove tutto addosso. Seguivo sempre Paulo Goncalves, era un riferimento per me. La parte di rischio in un evento come la Dakar è sempre da prendere in considerazione, ma quando succedono eventi drammatici non è mai facile metabolizzare l’accaduto”.

A cura di Alessandro Bucci