Al Teatro Guattari di Forlì la compagnia berlinese Barletti-Waas in scena con “Monologo della buona madre”

Continuano gli appuntamenti della prima stagione del Teatro Félix Guattari di Forlì dal titolo: “CORPOATHOS” dedicata alle “arti dinamiche del presente”, a cura di Masque Teatro. Negli spazi dell’ex filanda Maiani, trasformati in teatro cittadino, venerdì 21 febbraio la compagnia Barletti-Waas porta in scena “Monologo della buona madre”, uno spettacolo che affronta uno degli ultimi Miti/Tabù della società occidentale: quello della maternità. Segue l’incontro con Florinda Cambria, filosofa e docente di Antropologia della comunicazione all’Università degli Studi dell’Insubria, che terrà una lezione dal titolo “Corpi Musici”. La prima stagione del Teatro Félix Guattari a Forlì giunge a metà della sua programmazione negli spazi dell’Ex Filanda Maiani, nel quartiere di Schiavonia in via Orto del Fuoco, 3. Il cartellone, dedicato al teatro di ricerca e sperimentazione, ospita venerdì 21 febbraio una serata divisa in due appuntamenti. Alle 21,00 la compagnia berlinese Lea Barletti e Werner Waas porta a Forlì “Monologo della buona madre” (testo di Lea Barletti, regia Lea Barletti/Werner Waas, con Lea Barletti e la partecipazione in scena di Werner Waas sound design e musiche originali Luca Canciello e produzione Barletti/Waas). “Monologo della buona madre” affronta uno degli ultimi Miti/Tabù della società occidentale: quello della maternità.

Cosa vuol dire essere una “buona madre”? Chi è quest’idolo, questa “Madre”, di cui tutti parlano, di cui tutti sembrano sapere come deve essere, cosa deve fare, come si deve comportare, come deve amare, come deve vivere? Esiste davvero? O piuttosto esistono tante donne che scelgono, o credono di scegliere, o non scelgono affatto, ma si ritrovano ad essere madri? E quale madre non si è sentita, almeno una volta, inadeguata e insicura? E se un giorno si dovesse scoprire di non corrispondere, o di non voler corrispondere, al modello di “buona madre” richiesto? O di avere (addirittura!) sbagliato ruolo? Oppure, semplicemente, di non essere adatta al ruolo così come è stato scritto? E da chi è stato scritto, questo ruolo, e per chi? E perché non è possibile riscriverlo? Essere “Madre” è un ruolo, ma un ruolo che non può essere assunto nella stessa maniera da ogni donna. Ci sono tanti modi di essere madri quante donne che lo diventano. E ci sono tanti modi per essere una “buona” madre. Ma questo non te lo dice nessuno, né prima, né durante (e nemmeno dopo, anche perché un “dopo” nella maternità, non c’è). E se tanti, ma proprio tanti (troppi) si preoccupano di dirti che potresti un giorno pentirti di non aver fatto figli, nessuno, ma proprio nessuno, ti dice che potresti un giorno anche pentirti di averli fatti. Tutte queste sono cose che una scopre, se le scopre, da sola e dolorosamente, sulla propria pelle, a costo di enormi, giganteschi, divoranti sensi di colpa, a costo di errori, passi falsi, frustrazioni, fallimenti, rimpianti. E a costo di sogni, tempo, energia, amore: a costo della vita. Cosa resta? Il dubbio.

Ma “Monologo della buona madre” è anche una storia di “vocazione”, la storia di una vocazione artistica e del faticoso percorso intrapreso per trovarle un posto nel mondo, la storia di qualcuno che, attraverso e nonostante mille inciampi, dubbi e fallimenti, sente la necessità forte e reale di trovare una propria lingua, e per suo mezzo compiere un atto che dia nascita e forma, a suo modo, ad un mondo: un atto di creazione artistica. Un’utopia, piccola e concreta. Cosa resta? Il desiderio. “Monologo della buona madre” è infine la storia di un corpo a corpo: un corpo a corpo di una donna e di un‘artista con se stessa ed il proprio corpo, appunto, con la propria coscienza, con il proprio ruolo di madre, con i figli, con l’immagine di sé, con il proprio essere artista, con i propri modelli dati, con le aspettative proprie e altrui, con la propria inadeguatezza, con la propria vocazione, con la propria fallibilità, con la propria creatività, con il tempo, con la vita, con la lingua, con l’amore. Cosa resta? Il corpo. Una donna, da sola in scena. Seduta su un piedistallo, come un oggetto da esposizione o un monumento: “Buona Madre / Tecniche e materiali misti”, recita la targa applicata sul piedistallo. Durante il suo monologo faranno la loro apparizione in scena, come altrettanti oggetti da esposizione/testimoni, il padre/marito, alcuni oggetti quotidiani, delle fotografie. La donna inizia il suo discorso dichiarando la propria intenzione di andarsene. Non se ne andrà, perché non c’è vita, per lei, come persona e come attrice, al di fuori dello sguardo altrui. Perché non c’è mondo se non quello che si crea nel discorso tra simili, e il teatro è questo discorso, come bene avevano capito i greci. Il mondo, la vita, è quello che succede tra le persone mentre si parlano: quello che succede tra l’attore e lo spettatore. Il mondo è qui, è adesso, è il teatro. Cosa resta? Il teatro.

Lea Barletti e Werner Waas si sono conosciuti molti anni fa a Roma. Da allora vivono e lavorano insieme, prima a Roma, poi a Monaco di Baviera, quindi a Lecce e attualmente a Berlino. Insieme, hanno prodotto, diretto e interpretato un gran numero di spettacoli, fondato una compagnia teatrale (Induma Teatro), fondato un Centro Culturale Multidisciplinare (“Manifatture Knos”, a Lecce, tutt’ora attivo seppure ormai senza di loro), organizzato sette edizioni (tra il 2008 e il 2015) del Festival/Laboratorio di arti performative K-now! (sempre a Lecce), inventato un premio di drammaturgia contemporanea (Il Centro del discorso, tre edizioni tra il 2008 e il 2011), fondato un’altra compagnia (Barletti/Waas), con la quale attualmente girano e lavorano tra Germania e Italia, e fatto negli anni un gran numero imprecisato di altre cose, tra cui due figli (Rocco e Tobia).

Alle 22:15 la serata prosegue con il secondo degli appuntamenti filosofici della stagione. Florinda Cambria terrà una lezione dal titolo “Corpi Musici”: come si muove, come si anima un corpo, quando diviene un corpo musico, ingaggiato nella danza poliritmica del mondo che risuona fin nell’ultimo dei suoi arti, fin nel più oscuro dei suoi organi? Una domanda sulla potenza e l’efficacia delle arti dinamiche. Florinda Cambria insegna all’Università dell’Insubria (Antropologia filosofica) e alla Scuola di Psicoterapia Comparata di Genova (Filosofia ed epistemologia). A Milano coordina le attività di Mechrí / Laboratorio di filosofia e cultura.

Direzione artistica e cura MASQUE TEATRO. Informazioni: cell. 393.9707741 / masque@masque.it / www.masque.it. Biglietto intera serata: €10, ridotto studenti e over 65: €4.