Stefano Gramantieri, ravennate a Londra: “situazione drammatica. Fanno finta di nulla ma si potrebbe arrivare a 36 milioni di contagiati”

Io faccio come si fa in Italia. Mi comporto da italiano perché sono convinto che non uscire di casa sia l'unica misura anti-contagio da adottare

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Stefano guarda fuori dalla finestra dell’appartamento in cui vive a West Kensington a Londra. Per strada la gente cammina tranquillamente come se non fosse in atto una pandemia globale. Bus e Tube (la metro) sono pieni di persone. “Gli inglesi sono incredibili. Qui nessuno indossa la mascherina, come se non temessero il contagio da Covid-19. Mi sembrano tanti cadaveri viventi che camminano”.

Stefano Gramantieri, ravennate doc da 4 anni a Londra, è preoccupato: “Qui si vive male perché non c’è la volontà politica di evitare la diffusione del contagio. A Londra l’unica preoccupazione è di non perdere il business e se consideri che gli inglesi sono pure snob, hai un quadro completo della situazione: un mix letale”.

Da lunedì le grosse company della City hanno adottato la misura dello smart working e Stefano che lavora come Architect – Mobile per la HSBC, oltre ad essere un apprezzato artista e designer, lavora da casa collegato al computer.

“Nel centro di Londra e nelle zone turistiche da qualche giorno c’è meno gente, ma sinceramente, devo ammettere che vivo murato in casa da 4 giorni” racconta Stefano che esce solo con il viso protetto dalla mascherina e che si è organizzato con provviste alimentari per cercare di uscire il meno possibile. “Io faccio come si fa in Italia. Mi comporto da italiano perché sono convinto che l’isolamento sia l’unica misura anti-contagio che abbia senso adottare”.

Stefano spiega che le News di martedì 17 marzo (ieri, per chi legge n.d.r.)  raccontano di una central London svuotatasi volontariamente (con oltre l’80% in meno di persone negli uffici): “ma fino a che il Governo del premier Boris Johnson non obbligherà gli inglesi a stare a casa, sarà tutto inutile. Sembra che l’adeguarsi alle misure d’emergenza sia lasciato alla libera coscienza e al self control di ciascuno. Non ci sono obblighi e né la volontà di gestire l’emergenza del contagio”.

metropolitana Londra 13 marzo 2020

“Le uniche indicazioni date sono di non frequentare ristoranti, bar e pub ma gli inglesi sembrano ignorare anche queste limitazioni. Forse è per la teoria assurda, della “immunizzazione da gregge” (in inglese è la “Herd Immunization”), secondo cui la diffusine del contagio porterà ad un aumento dell’immunità nella popolazione, per le future pandemie stagionali. Qui si stima che saranno circa 36 milioni le persone contagiate, con perdite di oltre 2 milioni di over 70. Solo i più forti sopravviveranno a questa epidemia che qui prevedono duri 18 mesi”.

Parlando della reazione degli inglesi al pericolo covid-19, Stefano ironizza: “Vuoi sapere qual è la cosa che è andata più a ruba nei supermercati di Londra? È la carta igienica! Oltre ai prodotti igienizzanti e al cibo. Assalgono i supermercati, in file molto poco british, tutti accalcati, senza mantenere il metro di distanza”.

L’altro tema caldo è la sanità. “In Gran Bretagna il sistema sanitario è in una situazione molto difficile, è gravemente sottodimensionato, mancano 40mila medici e infermieri e l’esplosione dell’epidemia rischia di mandarlo al collasso, con i medici che dovranno scegliere chi incubare e chi no. L’unica speranza è il vaccino”.

Anche pensando alle conseguenze che la pandemia avrà sull’economia britannica, Stefano assicura che si prefigura una situazione drammatica, sia nel breve che nel lungo periodo: “tutti quegli italiani che qui lavorano nel settore del turismo e della ristorazione, si troveranno a vivere un grande incubo. Saranno i primi ad essere lasciati a casa da un giorno all’altro, senza stipendio e senza diritti. Ma qui la vita costa molto cara e saranno costretti, volenti o nolenti, a cercare di tornare in Italia, immagino anche in maniera rocambolesca”.  “Sono altrettanto convinto che qui a Londra stiano cercando di frenare il più possibile il “lock-down” perché significherebbe togliere la linfa vitale a questa grande metropoli, trasformandola in una città post apocalittica” spiega Stefano.

In questo momento vorrei essere in Italia, a Ravenna, magari murato in casa a lavorare da remoto – conclude il ravennate londinese – piuttosto che qui a Londra, in attesa che il biondo (Boris Johnson, ndr) racconti un’altra delle sue folli fantasie o decida con troppo ritardo di prendere esempio dall’Italia. In bocca al lupo a tutti noi.”

Stefano Gramantieri - Londra 2020

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