Nuovi casi di caporalato nelle campagne della Romagna. Europa Verde: intervenire con urgenza e fermezza

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“La recente emersione di un nuovo caso di caporalato in Emilia-Romagna, con migranti afgani e pachistani impiegati in aziende dei territori di Castrocaro Terme, Bagnara di Romagna, San Clemente e San Giovanni in Marignano pagati da loro connazionali pochi euro al giorno e condannati a vivere in condizioni disumane, ha alzato il velo su una realtà finora rimasta nell’ombra, nonostante nella nostra regione fossero emersi episodi di caporalato anche in passato” dichiarano Paolo Galletti, co-portavoce Europa Verde/Federazione dei Verdi Emilia-Romagna e
Silvia Zamboni, consigliera regionale di Europa Verde e co-portavoce Europa Verde/Federazione dei Verdi Emilia-Romagna.

“Come ricordava domenica scorsa su un quotidiano bolognese Umberto Franciosi, Segretario Generale Flai Cgil, che citava in particolare un caso a Forlì, precisando che la sua organizzazione denuncia “da anni casi di caporalato e intermediazione di manodopera agricola in tutta la filiera emiliano-romagnola: dai campi ai macelli” – proseguono – . L’importante opera di indagine svolta dalla Magistratura e dall’Ispettorato del lavoro, che ha portato in superficie il nuovo caso nelle campagne romagnole, affronta però solo la parte finale del problema, che per essere risolto va analizzato e affrontato nella sua complessità”.

Zamboni e Galletti suggeriscono due i piani sui quali occorre agire con urgenza.

Il primo: regolarizzazione dei braccianti immigrati per sottrarre alla malavita esseri umani da sfruttare col lavoro nero facendo leva sulla loro situazione di fragilità sociale. Giusta, quindi, la recente decisione del governo di regolarizzare i migranti che lavorano nelle campagne. Si tratta però solo di un aspetto: tutti i lavoratori agricoli stagionali – italiani oltre che stranieri – sono esposti al rischio dello sfruttamento e dell’intermediazione criminale di manodopera.

Per questo bisogna intervenire su un secondo piano, ossia garantire il giusto compenso ad imprenditori agricoli e braccianti lungo tutta la catena del valore, per sottrarre gli stagionali al lavoro nero e al caporalato funzionali a ridurre i costi della manodopera in una situazione in cui il datore di lavoro agricolo sia a sua volta sotto-remunerato dall’acquirente finale. Tale situazione di squilibrio nel potere contrattuale tra produttori e acquirenti danneggia anche i circuiti agroalimentari locali, la piccola distribuzione di prossimità e l’agricoltura contadina.

Anche la direttiva 633/2019 del Parlamento europeo sottolinea che “Nella filiera agricola e alimentare sono comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. È probabile che tali squilibri di potere contrattuale comportino pratiche commerciali sleali nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a una operazione di vendita”.

In questo contesto, non aiuta il fatto che, dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati, sia ancora ferma al Senato la proposta di legge che vieta le aste al doppio ribasso nell’acquisto di prodotti alimentari dai produttori all’origine.

Per contrastare questa deriva, la Regione Emilia-Romagna può fare molto, a partire dall’attivare per affrontare questo problema, la Consulta Agricola Regionale, che riunisce associazioni dei produttori agricoli, sindacati e Grande Distribuzione Organizzata (GDO) – principale sbocco di mercato per l’ortofrutta proveniente dalle nostre campagne. Questo tavolo di confronto – che Europa Verde chiede di integrare con l’Ispettorato del lavoro e le organizzazioni dei produttori biologici, una realtà sempre più rilevante in Emilia-Romagna – può diventare la sede per concertare una soluzione strutturale che ristabilisca il giusto equilibrio tra tutti gli attori della filiera per assicurare la trasparenza del prezzo finale dei prodotti agricoli attraverso la ridefinizione delle quote di giusto salario per i lavoratori e di giusto profitto per gli imprenditori. In altre parole, occorre definire e siglare un Patto per il Giusto Compenso al Lavoro Agricolo.

 

A garanzia di questa correttezza, Europa Verde propone inoltre di istituire un marchio di certificazione per i prodotti “liberi dal caporalato”. Con questo strumento si potrebbe contrastare alla radice il fenomeno del lavoro in nero e/o sottopagato, rendendo il lavoro agricolo socialmente sostenibile e premiando i produttori onesti.

Infine, proponiamo che il possesso di questo marchio sia collegato all’ottenimento di specifiche premialità da inserire nei futuri bandi per l’assegnazione dei fondi del Programma di Sviluppo Rurale.

 

 

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