Il Maestro Muti incanta Paestum con il concerto Le Vie dell’Amicizia per la Siria e il popolo curdo

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Nella splendida cornice del Parco Archeologico di Paestum, domenica 5 luglio, il Maestro Riccardo Muti ha diretto il concerto de Le Vie dell’Amicizia, di Ravenna Festival. 

Il grande concerto, di fronte al Tempio di Nettuno, splendido tempio dorico del V secolo a.C. magnificamente conservato, quest’anno è stato dedicato alla Siria e al popolo curdo, per non dimenticare le sofferenze del suo popolo ostaggio della guerra e costretto alla diaspora.
Sul palco, circondati dalle meraviglie archeologiche, i musicisti italiani e siriani, dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e della Syrian Expat Philharmonic Orchestra hanno eseguito l’Eroica di Beethoven.

“Con l’Eroica di Beethoven siamo a Paestum, gemellata con Palmira; questo sottolinea il rapporto tra il nostro mondo e il mondo siriano e il sentimento di fratellanza nei confronti di una terra che visitammo già molti anni fa e dove ebbi l’occasione di lavorare con giovani musicisti siriani – aveva spiegato il Maestro Muti, presentando il concerto -. Siamo fieri di aver incorporato nell’Orchestra Cherubini alcuni musicisti che provengono dalla Filarmonica Siriana Espatriata”.

Il concerto è stato dedicato alla memoria dell’attivista civile Hevrin Khalaf (1984-2019) e dell’archeologo Khaled al-Asaad (1932-2015), vittime dell’Isis. A Paestum, attraverso Paestum, Le vie dell’Amicizia hanno raggiunto la Siria e ne hanno ricordato il patrimonio di arte e cultura custodito in siti come Palmira, gravemente danneggiato dalle sistematiche distruzioni del terrorismo.

“La dedica del Concerto per la Siria di quest’anno è anche quella a Hevrin Khalaf –  ha spiegato Riccardo Muti -: questa giovane donna, segretaria generale del Partito del Futuro siriano, attivista per i diritti delle donne e in prima linea per il riconoscimento dell’identità del popolo curdo e per un dialogo pacifico fra curdi, cristiani e arabi, è stata uccisa in un agguato lo scorso ottobre. A rendere omaggio alla dignità e al coraggio di Khalaf e al-Asaad anche la musicista Aynur Doğan e l’artista Zehra Doğan; entrambe di origine curda, entrambe impegnate per la questione femminile, entrambe oggetto di attacchi e censure. Non ne è stata indenne Aynur, che ibrida la tradizione del suo popolo con una sensibilità contemporanea e vanta collaborazioni di prestigio come quella con Yo-Yo Ma, mentre un dipinto sulla distruzione della città di Nusyabin, condiviso sui social media, è valso la condanna a due anni, nove mesi e ventidue giorni a Zehra (che non ha smesso di dipingere nemmeno nelle carceri turche)”.
Sul palcoscenico del Festival si sono esibite anche la cantante Aynur Doğan e l’artista Zehra Doğan. La performance pittorica live di Zehra si è intrecciata al canto di Aynur .

A fine serata Zehra Dogan ha realizzato un disegno su un drappo di pace donato a Cristina Muti in segno di amicizia. Il disegno rappresenta l’antica divinità mediorientale femminile di Ishtar.

Alcuni brani tratti dalla lunga lettera indirizzata al Ravenna Festival da Souad Mohammed Mustafa, madre di Hevrin Kakaf a cui il concerto era dedicato. Lettera tradotta e ricevuta tramite Claudia Giannini che nell’ottobre 2019 aveva collaborato alla sua intervista per La Repubblica.

“Buona sera. Voi come state? Bene? Sono contenta e commossa molto che abbiate voluto ricordare mia figlia Hevrîn insieme al direttore del Museo di Palmira con un concerto in cui l’orchestra, composta di giovani musicisti italiani e siriani, è diretta dal grande Maestro Riccardo Muti. E mi piace molto il titolo che avete scelto: Un ponte di fratellanza attraverso l’arte e la cultura. Le vie dell’amicizia: concerto per la Siria. Anche Hevrîn lo avrebbe apprezzato molto. Nel suo cuore, infatti, sin da bambina c’è sempre stato il sogno della pace e della unità tra i popoli della Siria, oltre al sogno della libertà e della emancipazione per tutte le donne. E per realizzare questi sogni ha “lottato” – seppure senza aver mai imbracciato materialmente un’arma – sino all’estremo sacrificio.
Per il suo desiderio di pace e di libertà è stata brutalmente assassinata.
Quando Hevrîn è stata uccisa – e le grida e gli spari risuonano ancora nelle mie orecchie – io continuavo disperatamente a chiamarla “Hevrîna min! Hevrîna min! Hevrîna min!” (Mia Hevrin! Mia Hevrin! Mia Hevrin), ma in questi mesi ho compreso che la “mia” Hevrîn è diventata “di tutti”. Nel mondo, tantissime donne hanno voluto dare il suo nome alle proprie figlie appena nate. Questo mi ha commosso e mi ha dato speranza. Poiché ho imparato da mia figlia che non bisogna battersi soltanto per i diritti delle donne kurde, ma di tutte le donne…io ora la rivedo in quelle migliaia e migliaia di donne kurde e arabe, irachene e iraniane, siriane e turche, italiane, francesi e tedesche, spagnole e portoghesi, brasiliane e venezuelane, russe e americane…nelle donne che in ogni Paese e in ogni continente soffrono, subiscono atrocità e torture…
Vi saluto con affetto e bacio sulla fronte tutte le ragazze che suonano nell’orchestra italo-siriana.

Ravenna Festival  - concerto LE Vie dell'Amicizia Paestum

 

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