Annata agraria di Cia Romagna: un 2020 difficilissimo fra Covid, meteo, parassiti, fauna selvatica e mercati sempre più competitivi

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Si è tenuta ieri pomeriggio, in modalità webinar (www.youtube.com/watch?v=eXQzP1Pv7Yg), la tradizionale presentazione dei dati dell’Agraria di Cia Romagna. L’edizione 2020 ha visto la partecipazione di Danilo Misirocchi, presidente Cia Romagna, Mirco Bagnari, direttore Cia Romagna, Cristiano Fini, presidente Cia Emilia-Romagna, Dino Scanavino, presidente Cia Agricoltori Italiani, Denis Pantini di Nomisma, Pierluigi Randi vicepresidente Ampro, e Manuela Rontini, consigliere regionale.

Nell’anno del Covid-19, il quadro in Romagna per le imprese agricole è senza precedenti e l’emergenza del 2020 è la loro sopravvivenza. Per alcuni comparti è l’emergenza sanitaria che ha messo in affanno le aziende; per altri le ragioni vanno ricercate in problemi strutturali ai quali si sono aggiunti problemi contingenti, come le avversità atmosferiche, che nel 2020 hanno interessato la Romagna: dalle devastanti gelate di fine marzo-inizio aprile, alla siccità, alle violente grandinate e piogge, al forte vento.  A ciò si aggiungono i danni causati da insetti alieni, dalla fauna selvatica, da nuove o più acute fitopatologie. Il tutto si traduce in una forte contrazione della produzione, trend che, in particolare per le principali colture frutticole, si registra da almeno tre anni. L’emergenza sanitaria ha effetto su tutti i settori economici. La contrazione del lavoro e del reddito è una problematica che dal settore primario scivola via via lungo tutto la filiera. Preoccupa la tenuta sociale, oltre che economica, del territorio.

I dati di Forlì – Cesena

L’Agricoltura si costituisce di 6.370 imprese attive (pari al 17,5% del totale provinciale); le sue imprese attive si sono ridotte dell’1,8% rispetto al terzo trimestre del 2019. Le imprese femminili agricole alla data in esame sono 1.313 (-23 unità rispetto ai 12 mesi precedenti), il 17,4% sul totale delle imprese femminili e circa un quinto (il 20,6%) delle imprese del settore. Le imprese giovanili agricole sono 219 (il 9,7% sul totale delle imprese giovanili), sono sostanzialmente stabili nei 12 mesi precedenti (erano 217 al terzo trimestre 2019) e costituiscono il 3,4% delle imprese del settore. Al secondo trimestre 2020 gli occupati in agricoltura in provincia di Forlì-Cesena sono risultati complessivamente 18.126 di cui il 76,1% sono dipendenti (51,1% in Emilia Romagna e 53,1% a livello nazionale). Il settore impiega il 10,0% degli occupati totali provinciali (il 3,9% a livello regionale e il 3,9% a livello nazionale).

Il cesenate, in annate ordinarie, ha una grande produzione di albicocche in generale. Particolarmente vocate le zone di collina e pedecollinari e in questi ultimi anni anche la pianura vede la presenza di questa coltivazione.

Fragole: nel forlivese-cesenate si riscontra un calo sia negli ettari sia nelle rese per una produzione totale inferiore rispetto al 2019 di circa il 19%. Territorio primo in Romagna per 137 gli ettari di superfice coinvolta tra quella in pieno campo (110 ha) e quella in serra (27 ha). Per la fragola il 2020 viene considerato buono, nonostante il Covid-19 e il calo di produzione. La fragolicoltura romagnola ha tendenzialmente condizioni positive, in quanto si inserisce in una finestra di raccolta che in molte annate risulta essere abbastanza vuota di prodotto e vanta buona qualità.

Ciliegie: Al 2020 la superficie romagnola coltivata a ciliegio è stata di circa 766 ettari, prevalentemente nel forlivese-cesenate, e rappresenta circa il 33% della superfice totale regionale. Più alte rispetto al 2019 le rese nel forlivese-cesenate. Complessivamente un’annata con offerta limitata causa gelate tardive, siccità e vento, che ha ostacolato non poco il lavoro di impollinazione delle api. C’è chi ha perso il 70% del raccolto e chi meno di un terzo (nella Valle del Bidente).

Mele: la coltivazione del melo è distribuita nelle zone romagnole in un’estensione più contenuta nel forlivese e nel cesenate, per l’85% in pianura.

Pere sono coltivate con alcune estensioni nel forlivese e nel cesenate. Superfici in produzione in calo, rese medie +7% nel forlivese-cesenate.

Pesche e nettarine: sono prevalentemente diffuse nelle aree romagnole del ravennate e del forlivese-cesenate, le nettarine sono in prevalenza nel ravennate. La criticità delle coltivazioni di pesche e nettarine in Romagna è ormai tale da oltre un decennio. La Romagna ha pagato il prezzo più alto delle gelate di fine marzo-inizio aprile, con pesche e nettarine del periodo medio-precoce falcidiate: in particolare le nettarine, mentre più lievi i danni per le pesche tradizionali. Situazione leggermente meno drammatica per il prodotto tardivo, ma le rese sono lontane dalla norma, si tratta di percentuali irrisorie e si conferma la catastrofe totale delle drupacee. A consuntivo si stima un -85% di nettarine, un -75% di pesche e un -50% di percoche. Dopo il ravennate, sono stati l’entroterra forlivese, poi il cesenate a subire danni pesanti, più mitigati nell’area pedecollinare così come nelle zone verso il mare. Purtroppo la campagna per questo comparto è stata decisamente compromessa. Le quotazioni all’origine hanno registrato rialzi notevoli nelle pesche e nettarine, ma la mancanza di prodotto non porta entrate all’imprenditore agricolo.

Susino: La Romagna, con le province di Ravenna e di Forlì-Cesena, detiene oltre il 60% della superfice a susino presente in regione: insieme a Bologna e a Modena formano il quadrilatero delle susine regionali. La produzione 2020 registra un importante riduzione: le rese medie hanno subito un calo drastico: nel forlivese-cesenate -65%. La qualità, che inizialmente sembrava insufficiente, si è ripresa nel corso della campagna anche se l’interesse da parte della domanda è stato modesto. La produzione di susine estive è stata molto scarsa: le gelate primaverili hanno causato una diminuzione dei volumi che, a seconda della varietà, oscilla dal 50 all’80% rispetto allo storico. L’andamento dell’Angeleno è stato un disastro, con una produzione ridotta di circa la metà di un anno normale.

Olivo: Nel territorio romagnolo, compreso nelle aree delle province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna, è concentrata pressoché la totalità della coltura olivicola regionale: circa 3.724 ettari coltivati in Romagna (dei quali circa 3.249 ettari in produzione). Le aree geografiche di riferimento e più importanti per la coltivazione dell’olivo nel forlivese-cesenate sono le valli del Rubicone, del Savio, del Bidente e del Montone. Il 2020 per la produzione di olive a Forlì-Cesena si preannuncia superiore al 2019, anche se inferiore alle medie storiche. La situazione appare abbastanza tranquilla sul versante mosca olearia le alte temperature ne hanno ostacolato la proliferazione. Il metodo di produzione biologica è sempre più utilizzato e in incremento anche l’utilizzo di esche e lotta guidata. Le aspettative per rese in olio e qualità sono buone. La produzione olivicola dell’area forlivese-cesenate è in sensibile aumento rispetto al 2019.

La qualità del prodotto è ottima, ma le rese alla molitura sono invece piuttosto contenute soprattutto dove la pezzatura delle olive è rimasta molto contenuta a causa della siccità. La produzione complessiva di olive in provincia di Forlì-Cesena si stima per il 2020 intorno ai 10.000 quintali (circa un +50% rispetto al 2019).  La resa media in olio si prevede intorno al 12% per un quantitativo di olio di circa 120 mila kg.

Per quanto riguarda la Dop “Colline di Romagna”, che riguarda quasi 70 ettari nelle province di Rimini e Forlì-Cesena, si stima una raccolta in aumento di circa il 50% rispetto alla precedente campagna, con una resa media sul 13% di olio (più bassa rispetto al 2019). Pertanto, si ipotizza la produzione di circa 750 quintali di oliva DOP “Colline di Romagna” corrispondente a circa 9 mila kg di olio DOP “Colline di Romagna”

Noce: considerata buona la stagione per il noce in Romagna e anche se gli impianti entrati in produzione recentemente non sono non ancora nel pieno del potenziale produttivo sembra un’annata soddisfacente per quantità e qualità, calibro compreso. Investimenti e progetti proseguono per il consolidamento e la valorizzazione della noce a marchio Romagna e Forlì è un punto di riferimento del settore della nocicoltura in Emilia Romagna e in Italia.

Vino: Una vendemmia di ottima qualità, con una Romagna che va ampiamente in controtendenza rispetto alla contrazione dei volumi registrati a livello nazionale. La stima a fine delle operazioni di raccolta, segna per il territorio romagnolo un aumento generalizzato della produzione, fra il 10% e il 12% in più rispetto al 2019, che riporta i quantitativi nella media degli ultimi cinque anni.

Vi sono naturalmente differenze fra le diverse aree e produzioni, legate all’andamento meteoclimatico del 2020. La collina ha sofferto molto la siccità, prevalentemente nel forlivese: un’estate senza piogge ha influito molto nelle zone dove non si è potuta utilizzare l’irrigazione di soccorso, con cali produttivi fino al 20%. In pianura invece le gelate tardive (come quella del 16 aprile) e alcune grandinate hanno colpito la zona del Trebbiano e la Romagna a macchia di leopardo, con effetti sui vigneti evidenti al momento della raccolta. In conseguenza di questo, in generale si è registrata una riduzione delle uve a bacca nera, specialmente del Sangiovese Doc che risulta addirittura inferiore al 2019. Cresciuti invece i Trebbiani e i vini da tavola, numericamente preponderanti.

Cereali: Dal punto di vista produttivo, a livello regionale in Emilia-Romagna la campagna cerealicola è stata quest’anno piuttosto deludente per gli agricoltori, sia in termini di resa produttiva o economica, sia per alcuni aspetti qualitativi, quali lo scarso tenore proteico del grano duro. In Romagna le produzioni sono comunque risultate di buona qualità, sia quelle coltivate col metodo della produzione integrata sia in biologico; stesso risultato per gli aspetti sanitari, con l’assenza di micotossine: il clima generalmente non ha favorito la diffusione di patologie. Forlì-Cesena si distingue per la produzione di orzo. Il grano tenero è in incremento, mentre il duro è in decremento.

Erba medica: La Romagna conta 48.131 ha dedicati all’erba medica da foraggio. La provincia di Forlì-Cesena è quella che segna l’aumento maggiore di produzione, passando dai 18.000 mila ettari coltivati nel 2019 ai 20.500 del 2020, con una resa che però dai 380 q.li/ha dell’anno scorso è scesa a 310 dell’anno corrente. Il 2020 per l’erba medica da foraggio si potrebbe riassumere così: buona qualità, produzione di foraggio per ettaro variabile a seconda delle zone e mercato estero in calo. Le piogge irregolari nel 2020 hanno fatto la differenza in termine di rese. La primavera mite ha favorito l’anticipo della campagna e si sono prodotti il 1° e 2° taglio con qualità. Il 3° e il 4° ed il 5° taglio non hanno prodotto molto a causa della siccità.

Barbabietola da zucchero: La superficie dedicata a barbabietola da zucchero è  poco oltre i 500 ettari nel forlivese-cesenate, pressoché costante rispetto al 2019. La resa media per le barbabietole è di circa 430 q/ha nella zona di Forlì-Cesena (in diminuzione rispetto al 2019). In Romagna per la campagna corrente la Plv complessiva è di circa 2.400 Euro per ettaro nella coltivazione convenzionale e di circa 3.900 nel bio.

L’annata è buona dal punto di vista delle rese in Plv per ettaro, nonostante la siccità primaverile.

Orticole: Le orticole prevalenti sono il fagiolo fresco e fagiolino (superfici in calo a Forlì-Cesena), spinacio (stabile dopo un 2019 difficile), pisello, erbette, lattuga (concentrata soprattutto a Forlì-Cesena, con superfici stabili), pomodoro da industria, zucchino e zucca, patata e cipolla (che ha avuto problemi di sovrapproduzione). Le insalate l’hanno fatta da padrone e hanno visto un’oscillazione minore nei prezzi. La campagna produttiva dei prodotti orticoli da industria è stata caratterizzata da una buona resa e una qualità eccellente fino a settembre. Sono incrementate in modo significativo le produzioni di ortaggi, che sono andate a compensare in modo seppur marginale le produzioni frutticole venute a meno a causa delle gelate, e sono state commercializzate molto anche sul canale della vendita diretta, in leggera crescita durante il lockdown mantenuta fino a inizio estate.

Zootecnia: La Romagna concentra la maggior parte degli allevamenti avicoli dell’Emilia-Romagna, che è terza a livello nazionale, e si distingue in particolare per le galline ovaiole. I dati relativi al 2020 mostrano che nel settore avicolo a Forlì-Cesena si è avuto un calo di alcune unità degli allevamenti di galli, polli e galline. Dopo la brusca caduta di maggio (-22%), in coincidenza con le fasi più gravi dell’emergenza sanitaria e quindi frutto di una programmazione degli accasamenti piuttosto complicata, i prezzi medi dei polli hanno iniziato una leggera ripresa a fine giugno, ma restano al di sotto di quelli 2019 di circa il 4%.

Riguardo ai bovini, nel 2020 restano pressoché invariati i numeri degli allevamenti nelle tre province romagnole, ma cala leggermente il numero di capi da carne (Forlì-Cesena -2,74%). Più marcato il calo di capi da latte: -11,35% a Forlì-Cesena. Per i bovini da carne il 2020 si è caratterizzato per il crollo dei prezzi in marzo-aprile a causa della pandemia.

I capi ovicaprini allevati sono molto diminuiti in tutte le province rispetto al 2019 (-28,51% Forlì-Cesena).

Apicoltura: Dopo il disastroso 2019, l’auspicata ripresa dell’apicoltura non si è purtroppo concretizzata e nell’anno del Covid prosegue la tendenza negativa delle produzioni, legata ai cambiamenti climatici e al meteo incostante. Sono stati complessivamente deludenti i raccolti dei monoflora di punta, specificamente l’acacia. In provincia di Forlì è stato prodotto del millefiori con forte presenza di melata e le rese risultano circa 12 kg/alveare. La produzione di tiglio è stata inferiore alle attese e peggiore dello scorso anno: si stimano rese di circa 10 kg/alveare anche nel forlivese, dove sarebbe lecito attendersi produzioni di 20 kg/alveare. Il castagno ha reso discretamente, circa 15-20 kg/alveare, nella provincia di Forlì (media produttiva regionale regolare 10-15).

Biologico: In Romagna hanno segno positivo, rispetto all’anno precedente, sia il numero delle imprese che la superficie agricola condotta con il metodo biologico. In totale si contano 1.691 aziende, il maggior numero si concentra nella provincia di Forlì – Cesena con 936 operatori e una superficie di 23.490 ha. La provincia di Forlì-Cesena conserva il primato regionale sul numero di aziende biologiche zootecniche (304) e primeggia anche per le superfici seminabili, con 15.113 ha, mentre detiene il primato regionale per prati e pascoli (2.699 ha); con 1.184 ha vanta la superficie più estesa di vite da vino a livello regionale, preminenza che detiene anche per la superficie bio a pesco (193 ha), e altri fruttiferi (519 ha).

Florovivaismo: Nel 2019, tra le province italiane spiccavano per superfice e per consistenza del prodotto lordo vendibile Bologna e Forlì-Cesena. Il settore in Emilia Romagna si attesta su una produzione lorda vendibile di oltre 15 milioni di Euro, con le province di Forlì-Cesena e Ravenna che insieme superano i 6 milioni di Euro. Il settore sta affrontando una crisi economica senza precedenti, dovuta principalmente alle conseguenze della pandemia e alle misure adottate per cercare di contrastarla. Aggiungendo il meteo, in Romagna per il comparto il 2020 è stato un anno veramente negativo.  Nell’area forlivese-cesenate si stima nel 2020 una leggera contrazione delle imprese e un fatturato del comparto in calo di circa il 20% rispetto al 2019. La provincia ha la maggiore estensione di ettari a biologico (circa 23.490).

Agriturismo: Negli ultimi anni è un trend in crescita quello del settore agrituristico emiliano-romagnolo per numero di aziende attive. Aumentano in particolare le aziende con ricettività in camere e appartamenti, e un leggero incremento quelle che servono pasti. In Romagna le strutture sono 488, con un numero maggiore di imprese iscritte concentrato nella provincia di Forlì-Cesena (240, erano 222 nel 2018).

Le dichiarazioni:

Ha aperto i lavori Danilo Misirocchi, presidente di Cia Romagna, che ha ripercorso le tante criticità che hanno afflitto il 2020 oltre al Covid. “In primavera abbiamo avuto grandi problemi dall’iniziale chiusura dei mercati agricoli. In questa fase è stata mantenuta la loro apertura, sono attività che si svolgono all’aperto e in piena sicurezza. Problemi ha avuto anche la silvicoltura, inserita molto tardi fra le attività ammesse durante il lockdown, e speriamo che la cosa non si ripeta. Si tratta infatti di un’attività importante sia per chi la esercita, sia per il mantenimento dei boschi e la tutela del territorio. Le restrizioni da Covid hanno aggravato poi la pressione della fauna selvatica, aumentata senza controllo, che non solo reca danni all’agricoltura, ma provoca incidenti e porta il rischio della peste suina. Ora con la zona arancione che impedisce gli spostamenti occorrono deroghe o è impossibile l’attività venatoria. Abbiamo avuto inoltre il problema delle gelate, con una vastità e un’entità di danni mai visti prima, per cui gli aiuti sono ancora insufficienti. L’ortofrutta è il comparto più in difficoltà a causa del clima, ma anche dei mercati, della cimice, delle patologie, e le aziende non riescono più a investire e innovare. Attendiamo ancora che finalmente si arrivi alla riduzione della burocrazia e chiediamo che per la copertura del rischio, dove vediamo un progressivo disimpegno delle compagnie assicurative, vengano incentivati strumenti nuovi, come le polizze parametriche. Infine il Green new deal: noi ci siamo, sin da quando già negli anni ’70 in questa regione abbiamo iniziato la lotta integrata. Ma non deve essere l’ideologia che detta le regole su coltivazioni e sostanze utiilizzabili, bensì la scienza e le competenze”.

Mirco Bagnari, direttore di Cia Romagna, ha sottolineato come il 2020 sia stato “Un anno durissimo, del tutto particolare, per il mondo ma, in particolare, per l’agricoltura romagnola, che ha dovuto fare fronte all’emergenza Covid ma anche ai pesanti danni da maltempo e legati al mutamento climatico (gelate, siccità, grandine). Cia Romagna ha lavorato per essere sempre vicina agli associati e per consentire loro di cogliere le opportunità che si sono aperte, come per esempio quelle sui vari contributi ma anche sul credito (su cui CIA Romagna ha sviluppato un nuovo servizio specifico). Ciò che è successo ha, però, spinto anche ad utilizzare modalità e canali nuovi di lavoro e ha riportato l’attenzione sulla centralità delle aziende agricole per la vita di ognuno di noi: siamo e saremo impegnati ad aiutare le imprese agricole a superare questo momento difficile e ad attrezzarsi per il futuro”

Cristiano Fini, presidente Cia Emilia Romagna. “ Siamo riusciti a portare a casa per il prossimo anno 63milioni di euro per il risarcimento dei danni da cimice asiatica. Dalla prossima legge di bilancio continueremo a battere il chiodo per ulteriori risorse per le gelate tardive. Ma non dobbiamo continuare a rincorrere i problemi. Dobbiamo intervenire sugli strumenti assicurativi, che devono essere più puntuali ed efficaci. La legge 102 non va bene, il settore va riformato. Ci dobbiamo abituare ai fenomeni come gelate e grandine, per questo occorre agire in via preventiva. Lavoriamo infine con la Regione per diminuire la pressione burocratica”.

Manuela Rontini, consigliera regionale dell’Emilia-Romagna ha sottolineato come, “l’emergenza Covid ci ha fatto capire quanto sia forte e strutturato il settore agri-alimentare della regione”. Ha chiuso con un messaggio di speranza il presidente nazionale di Cia, Secondo Scanavino: “Dopo la crisi viene lo sviluppo, e noi vogliamo continuare ad essere protagonisti di questo. Cia si assume la sua parte e la vuole fare fino in fondo”. La versione integrale del report dell’Annata Agraria di Cia Romagna 2020 – corredata di dati e tabelle riassuntive per comparti e colture per le province di Forlì-Cesena, Rimini, Ravenna e Romagna – è consultabile e scaricabile nel sito https://emiliaromagna.cia.it/home-romagna/

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