Emergenza lupi nell’Alta Valle Savio, Pompignoli (Lega Nord): “Necessaria una cabina di regia regionale. Si ragioni sui prelievi selettivi”

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È di questi giorni la pubblicazione di un vademecum predisposto dalla Prefettura di Forlì-Cesena sul fenomeno della crescente diffusione dei lupi nel territorio della nostra Provincia, con particolare riferimento all’Alta Valle del Savio.

“La specie del lupo è da sempre sotto osservazione nei territori appenninici della nostra Regione – esordisce il consigliere regionale della Lega, Massimiliano Pompignoli -. Per capirne l’evoluzione e gestirne la presenza, sono necessarie alcune importanti considerazioni. La prima è di carattere storico e concerne le strategie di convivenza e gestione dei conflitti. Nel corso del tempo, infatti, il numero degli esemplari si è drasticamente moltiplicato e sebbene il ripopolamento naturale di questa specie possa presentare aspetti positivi ed essere visto come una risorsa per il mantenimento dell’equilibrio del nostro ecosistema, non dobbiamo dimenticare che la presenza del lupo nei territori abitati dell’alta Valle del Savio e nelle periferie di città e Comuni di montagna suscita timori tra i residenti, rappresenta una pericolosa minaccia per il bestiame domestico e un potenziale rischio diretto per gli esseri umani a causa della sua aggressività. La seconda considerazione è di carattere economico. L’art. 26 della Legge regionale 7 aprile 2000, n. 27 “Nuove norme per la tutela ed il controllo della popolazione canina e felina” prevede le modalità di erogazione degli indennizzi per le perdite di capi di bestiame causate da lupi o da altri animali predatori. Ma queste misure risarcitorie non sono assolutamente risolutive né tantomeno sufficienti per ripagare i danni, diretti e indiretti, arrecati al patrimonio zootecnico della nostra regione dagli attacchi dei lupi. Con il passare del tempo, e la sempre più frequente presenza del grande predatore anche in aree abitate, l’impegno principale di allevatori e agricoltori sta diventando la difesa del proprio bestiame e la limitazione dei rischi a greggi e mandrie. La terza e ultima considerazione è di carattere “genetico” e riguarda l’identificazione e la gestione degli ibridi”.

“La specie del lupo è infatti soggetta alla minaccia dell’ibridazione – prosegue Pompignoli – e all’insorgere di fenomeni infettivi che ne alterano la conservazione, l’habitat e lo stato di salute. Rispetto a questi esemplari, bisogna avere la consapevolezza e il coraggio di adottare misure di gestione più incisive ed efficaci per contrastarne l’avanzata e gli episodi di predazione. Tra queste, non può che esserci la previsione, limitatamente agli ibridi, di concederne il prelievo, la cattura e l’abbattimento, a condizione che non esista altra soluzione valida e che tali azioni non ne pregiudichino il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, nella propria area di ripartizione naturale.”

“La diffusione del lupo in Emilia-Romagna può essere dunque una risorsa ma anche una minaccia — precisa il consigliere -. In questo scenario, è necessario che la regione svolga un ruolo di coordinamento più incisivo tra tutti i soggetti coinvolti nella gestione della specie, muovendosi verso la definizione di una cabina di regia che sappia sintetizzare in maniera uniforme tutti gli elementi distintivi di questo predatore”.

“Infine, il carattere interregionale della popolazione appenninica del lupo richiede una più stretta collaborazione con le regioni confinanti (Liguria, Toscana e Marche) al fine di condividere le esperienze maturate e sviluppare strategie gestionali coordinate che mettano al centro il valore del lupo nel nostro prezioso ecosistema e le politiche di prevenzione delle sue pericolose incursioni nei territori abitati” termina Pompignoli.

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