Mattia Altini (Asl Romagna): tutta la Romagna sulla soglia critica di incidenza di 500 casi per 100mila abitanti, servono misure subito

Mattia Altini, forlivese, 47 anni, è Direttore Sanitario dell’ASL Romagna. Con lui facciamo il punto sulla situazione della pandemia a Ravenna e in Romagna alla luce degli ultimi avvenimenti, che hanno portato prima a una nuova impennata di casi e poi all’adozione di misure restrittive in tutta la Romagna. Le misure sono infatti rafforzate da domani 2 marzo, quando entra in vigore l’ordinanza “arancione scuro”, che rende un po’ più cupo il colore della Romagna, come quello del morale dei romagnoli, che avrebbero fatto volentieri a meno di questo “quasi rosso”. Unica eccezione per il distretto di Forlì che resta arancione, sebbene Ausl Romagna avesse raccomandato di estendere le misure di cautela anche all’ombra di San Mercuriale. Il dottor Altini ci spiega qui, in modo analitico, le ragioni che hanno portato a una decisione “sofferta ma necessaria” come l’hanno definita i Sindaci.

L’INTERVISTA

Direttore Altini, qual è l’esatta evoluzione della pandemia in Romagna?

“L’AUSL della Romagna pubblica settimanalmente un bollettino sull’andamento della pandemia da Covid-19 nel proprio territorio. Dopo diverse settimane di riduzione dei nuovi casi registrata nel mese di gennaio, dalla prima settimana di febbraio abbiamo notato un graduale ma progressivo aumento del numero dei nuovi positivi in tutta la Romagna: 2.502 nuovi casi la prima settimana di febbraio, 2.555 la seconda, 2.837 la terza e ben oltre 3.000 la quarta.”

Un incremento dei positivi che è diventato molto forte negli ultimi 15 giorni e che voi fate coincidere con un aumento dei casi nelle scuole.

“In parte sì. Dall’analisi delle classi di età si evince infatti che questo aumento è particolarmente evidente in età scolare, mentre si riducono significativamente i positivi fra gli over 80, probabilmente per effetto della progressione della campagna vaccinale. L’aumento in età scolare è caratterizzato anche da un incremento dei focolai all’interno delle strutture scolastiche, mentre non si sono praticamente più rilevati cluster all’interno delle strutture per anziani, dove la campagna vaccinale è stata completata intorno alla fine di gennaio.”

Quindi la campagna vaccinale funziona?

“Certamente sì.”

Ci può dare qualche dato?

“Nell’ultima settimana di gennaio avevamo complessivamente 626 casi fra i bambini e i ragazzi fino a 18 anni in Romagna. Nella penultima settimana di febbraio i casi erano saliti a 946, quindi con un aumento del 30 per cento. E questo aumento è ancora più evidente se consideriamo solo i bambini e i ragazzi in età scolare fra i 6 e i 17 anni. L’aumento maggiore si registra peraltro fra i ragazzi dai 12 ai 17 anni. Nella prima settimana di gennaio gli under 18 positivi erano il 14,2% del totale, nell’ultimo rilevamento di febbraio sono saliti al 20%.”

Il confronto dei cluster fra i giovani e gli anziani è diventato molto chiaro, ci diceva.

“Sì. Prendiamo i focolai attivi a Ravenna: ce n’erano 29 nelle scuole e 14 nelle Rsa l’8 di febbraio; il 15 febbraio i focolai nelle scuole erano diventati 35 quelli nelle Rsa 8; il 22 febbraio 44 nelle scuole e 2 nelle Rsa; il 26 febbraio 50 nelle scuole e nessuno nelle Rsa. Questo stesso andamento si registra in tutta la Romagna.”

L’attività di contact tracing funziona?

“I nuovi casi rilevati derivano in larga parte proprio dall’attività di contact-tracing e di screening nelle popolazioni a maggior rischio. Infatti il tasso di nuovi positivi asintomatici rimane circa del 40%. Ormai da molti mesi la capacità dell’AUSL Romagna di eseguire tamponi e tracciare i contatti è molto elevata; dal 30 novembre 2020 ad oggi sono stati eseguiti in Romagna 29,4 tamponi ogni 100 abitanti. Per quanto riguarda l’indicatore europeo, utilizzato anche nei documenti ministeriali, che definisce critico il superamento della soglia di incidenza di 500 casi per 100.000 abitanti, negli ultimi 14 giorni il territorio della Romagna si pone a un livello di 534, superiore alla media regionale (482). In particolare, la situazione al momento più critica appare quella degli ambiti di Cesena e Rimini che superano quota 600 per 100.000 abitanti, mentre Ravenna e Forlì sono sotto quota 500. Osservando l’andamento delle ultime due settimane, però, ci si aspetta con ragionevole certezza il superamento della soglia dei 500 anche per gli ambiti di Forlì e Ravenna.”

Fra i nostri distretti è particolarmente in sofferenza quello di Faenza.

“Lo stesso ragionamento è applicabile all’analisi dei singoli distretti. È prevedibile che nelle prossime settimane tutti i distretti supereranno la soglia dei 500. Attualmente il distretto di Ravenna è a quota 378, quello di Lugo quasi a quota 500 e quello di Faenza supera quota 670. I distretti con il livello di incidenza più alto sono quelli di Riccione (729) e del Rubicone (775).”

Quanto incide a Faenza e Lugo la vicinanza con Imola e Bologna?

“Difficile rispondere in maniera assolutamente precisa, certamente la contiguità può incidere molto e il resto lo fa il comportamento delle persone, magari abituate da sempre agli scambi territoriali, fra un distretto e l’altro.”

Da qui la scelta delle misure restrittive in vigore da domani con l’ordinanza regionale?

“Alla luce di quanto abbiamo detto finora, considerato il contesto attuale e le stime fatte, per cui è ragionevole pensare che tutti i distretti della Romagna supereranno i 500 casi per 100.000 abitanti nelle prossime settimane, l’aumento della circolazione virale renderà molto difficile garantire un’efficace attività di tracciamento dei contatti, presupposto fondamentale per il controllo della diffusione del virus. Anche se il sistema ospedaliero non mostra segni di particolare sofferenza, neanche nelle previsioni più critiche, abbiamo ritenuto tuttavia in via cautelativa di suggerire l’adozione di misure di restrizione ulteriori rispetto a quelle dell’attuale zona arancione. E sarebbe auspicabile l’estensione del provvedimento all’intero territorio romagnolo.”

Che cosa ci può dire delle varianti in Emilia e in Romagna?

“Sappiamo che a partire dallo scorso 18 dicembre è nota la presenza di una variante virale circolante nel Regno Unito dotata di una notevole trasmissibilità interumana, tanto da causare nell’area un consistente aumento del numero di casi. Dallo scorso 4 febbraio l’Istituto Superiore di Sanità ha promosso un’indagine di prevalenza nazionale della cosiddetta variante inglese a cui la nostra Regione ha partecipato. Nella prima rilevazione è stata identificata una prevalenza di circa 30% di questa variante a livello regionale, che il 19 febbraio è salita al 41%. L’ultima rilevazione ha dimostrato un ulteriore incremento su scala regionale ben oltre il 50%. La situazione in Romagna, in dettaglio, ha dimostrato il 13% alla prima rilevazione, salita al 23% nella seconda e ad oltre 30% nella ultima rilevazione del 19 febbraio. Esistono notevoli variazioni di prevalenza nei differenti ambiti territoriali: da oltre 80% in alcune aree del ravennate (al confine con Imola) al 45% della zona sud della Romagna (Riccione e Rimini), mentre nella provincia di Forlì-Cesena la prevalenza non va oltre il 20%.”

Ci sono tracce della variante brasiliana e di quella sudafricana?

“Sì, abbiamo trovato qualche traccia anche di queste varianti, ma per fortuna ancora in percentuali estremamente basse e non significative per ora.”

Allo spiccato aumento dei nuovi casi, non corrisponde per il momento un proporzionale aumento dell’ospedalizzazione. È così?

“Sì è così in tutti gli ambiti della degenza: ordinaria, subintensiva ed intensiva. Tale fenomeno pare influenzato dalla ridotta età dei nuovi casi; se nel mese di dicembre il 14% dei casi aveva meno di 19 anni, ora il 21% appartiene alla medesima fascia d’età. Per contro, se nel mese di dicembre il 13% dei casi aveva più di 80 anni, ora il 4 % appartiene alla medesima fascia d’età. A questo naturalmente occorre aggiungere che normalmente i ricoveri seguono di due settimane le nuove diagnosi tanto che se facessimo una simulazione basata su un periodo di massima pressione sul sistema ospedaliero, otterremmo la stima dei ricoveri delle prossime tre settimane che si attesterebbe a 547 ricoveri al 22 marzo, significativamente al di sotto della capacità massima già assorbita dal nostro sistema ospedaliero aziendale nel mese di gennaio.”

Come procede e come cambia la campagna vaccinale?

“Il  nostro modello vaccinale cambierà radicalmente nel momento in cui cominceranno a vaccinare i medici di medicina generale. L’accordo è già stato fatto. Adesso devono crearsi le condizioni perché questa potenza di fuoco possa esprimersi. Dipende da quanti e quali vaccini arriveranno. Per esempio, quello di AstraZeneca come sappiamo è più facile da trasportare e conservare in sicurezza. Quindi è più facile farlo arrivare sul territorio in modo capillare. In questa maniera potremo vaccinare in poco tempo oltre un milione di persone come nella campagna anti-influenzale. D’altra parte, già oggi potremmo vaccinare più persone se ci fossero le dotazioni dei vaccini.”

Secondo un Report della Regione Emilia-Romagna il 75% dei medici sono stati vaccinati, ma solo il 68% degli infermieri e il 58% degli operatori sanitari… abbiamo le stesse percentuali anche in Romagna? Ma non sono livelli troppo bassi? 

“Sì, le percentuali sono più o meno le stesse anche in Romagna, forse un po’ più alte. Ma quei dati sono il frutto di una serie di elementi diversi, non vorrei che si pensasse che il 25% dei medici sono no vax, non è assolutamente così. Alcuni non si sono potuti vaccinare perché erano in allattamento, altri per altre ragioni mediche, diversi perché avevano già contratto il virus. In ultima analisi, c’è sempre una quota di persone che dice no anche fra i colleghi e finché c’è la libera scelta non possiamo far altro che rispettare questa decisione dei singoli. Comunque la copertura è già alta – ed è destinata ad aumentare – se considera che per l’influenza di solito si raggiunge la percentuale del 70% di vaccinati fra il personale medico.”