ROMAGNA E ROMAGNOLI NEL MONDO / 17 / Charles Ponzi: da Lugo di Romagna alla grande bolla, dalla ricchezza alle prigioni americane

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Alcuni nostri conterranei approdati in passato in America hanno lasciato un segno tutt’altro che positivo, anche se ugualmente memorabile. È il caso ad esempio di Carlo (Charles) Ponzi. Nato a Lugo di Ravenna il 3 marzo del 1882, poi vissuto per un po’ a Parma, si iscrisse all’Università la Sapienza di Roma, che dovette abbandonare senza terminare gli studi perché esaurì le proprie risorse finanziarie. A quel punto tentò, come molti altri, la fortuna oltreoceano, imbarcandosi per gli Stati Uniti. I pochi soldi che portò con sé, pare li perdesse tutti in scommesse durante il viaggio in nave.

Giunto a Boston nel 1903 con soli due dollari e cinquanta in tasca (fu lui a raccontarlo), prima si dedicò a lavoretti occasionali, poi trovò impiego come sguattero e in seguito come cameriere in un ristorante, ma fu licenziato perché scoperto reo di piccoli furti e di imbrogliare i clienti con i resti. Lasciò allora gli USA e si spostò nel 1907 a Montreal, in Canada, dove riuscì a divenire consulente del Banco Zarossi, una banca nata da poco per gestire i risparmi degli immigrati italiani. Ma la banca presto fallì perché il proprietario, Luigi Zarossi, per allargare la clientela pagava alti interessi sui depositi, ma li copriva solo con i soldi dei nuovi correntisti, fino all’inevitabile crollo finanziario e alla fuga dello stesso Zarossi in Messico.

Il lughese a quel punto cercò di racimolare il denaro per tornare negli USA, e iniziò la “raccolta” appropriandosi di un libretto di assegni trovato incustodito. Se ne intestò uno falsificando la firma, ma venne scoperto e arrestato. Trascorsi tre anni in un carcere del Québec, nel 1911 tornò negli USA, dove si trovò subito coinvolto in un progetto di immigrazione clandestina di connazionali: passò altri due anni in carcere, stavolta ad Atlanta.

Carlo Ponzi

Scheda segnaletica di Charles Ponzi

Quando viene rilasciato, Charles va di nuovo a Boston, dove conosce una ragazza italo-americana, Rose Gnecco, e la sposa. Nel periodo successivo si dedica a diversi affari, scrive una «Guida del commerciante», una sorta di vademecum che spedisce agli interessati su richiesta. Un giorno gli arriva la lettera di una società spagnola che chiede informazioni sul libro e che contiene, per la missiva di risposta, un “Buono di Risposta Internazionale”. Il nostro non ne ha mai visto uno e, chiedendo informazioni, scopre di cosa si tratta: gli accordi postali internazionali prevedono che il destinatario, per una eventuale risposta, non possa usare i francobolli della nazione del mittente (che quindi non li può fornire mettendoli in busta): bisogna utilizzare i citati Buoni internazionali, che hanno la funzione di pagare i costi postali nello scambio tra persone che vivono in stati diversi e con un diverso costo delle spedizioni, tramite lo scambio tra il Buono e un francobollo della nazione da cui parte la risposta.

Ponzi si accorge che il “buono” spagnolo, da scambiare con un francobollo americano, vale e costa decisamente meno del francobollo americano stesso. E constata che, ricevendo simili “buoni” da paesi in cui costano meno (fra cui l’Italia), poi usandoli per ottenere francobolli americani, si possono realizzare alti profitti alti. Così studia e avvia il proprio business: invia soldi in Italia, dove un mandatario li usa per comprare Buoni di Risposta Internazionale che poi spedisce negli USA, dove Ponzi li scambia con francobolli statunitensi di valore molto maggiore, che rivende. Secondo lo stesso Charles il guadagno, tenendo conto delle transazioni e dei tassi di cambio, può arrivare fino al 400%. Si tratta di un meccanismo in fondo non propriamente illegale, così che Ponzi non solo lo pratica alacremente, ma convince amici e conoscenti a partecipare al business investendo sul sistema, in cambio di un rendimento del 50% in tre mesi. Allo scopo fonda una società, la Securities Exchange Company, con cui gestisce anche i rapporti d’affari con gli “investitori” (che all’inizio in effetti realizzano i guadagni promessi), e assume agenti che paga con provvigioni generose. Nel giro di pochi mesi, dal capitale di 5.000 dollari del febbraio 1920 (una somma non piccola per l’epoca), Ponzi arriva a detenerne uno di diversi milioni a luglio dello stesso anno: danaro che deposita nella Hanover Trust Bank, istituto che arriva infine a controllare completamente.

Carlo Ponzi

Carlo Ponzi nel 1920

Attratti dai facili e notevoli guadagni, molti cittadini americani investono nell’affare, giungendo a ipotecare le loro case pur di avere la liquidità necessaria, tanto che, pur dovendo affrontare qualche dubbio e sospetto, il nostro arriva a raccogliere fino a 250.000 dollari al giorno da investitori (a cui promette tassi di rendita sempre più alti), e comincia a vivere nel lusso più sfrenato.

A quel punto però un cronista del Boston Post, giornale che pure nel luglio del 1920 ha parlato positivamente del “miracolo Ponzi”, comincia a interrogarsi sulla natura di quel portento e avvia un’inchiesta, avvalendosi anche della collaborazione di Clarence Barron, un famoso analista finanziario. Il quale scopre che l’affarista italiano, pur realizzando grandi introiti, non investe nulla nella società, e anzi non porta a termine se non in misura molto parziale lo scambio fra i Buoni di Risposta italiani e i francobolli americani, perché i costi per realizzare l’acquisto, il riscatto dei Buoni e la loro riconversione su così ampia scala sarebbe impegnativo e tale da erodere quasi del tutto i profitti. In pratica, come ha visto fare dal suo ex datore di lavoro Zarossi, Ponzi conta principalmente sui danari dei nuovi e sempre più numerosi investitori, che non sarebbe in grado di liquidare allorché richiedessero le competenze dovute.

Carlo Ponzi

In altre parole, quella che Ponzi ha creato è nient’altro che una enorme “bolla finanziaria” (cosa che abbiamo poi visto ripetersi in altri settori e in altri momenti della storia anche recente). Le rivelazioni del Boston Post causano un certo panico tra coloro che hanno investito nella sua compagnia, al che Ponzi, per tacitare i dubbi, risarcisce di persona e in maniera volutamente spettacolare 2 milioni di dollari in soli tre giorni, incontra gli investitori, li convince che non hanno nulla di cui preoccuparsi; del resto è riuscito a conquistarsi notorietà e stima, e molti lo considerano addirittura un eroico benefattore. Assume anche un agente pubblicitario, certo James McMaster, che però a un certo punto va al Post rivelando che la società dell’italiano è basata sul nulla, e accetta dal giornale una ingente somma per fornire informazioni, usate dal Post per un articolo che viene pubblicato in prima pagina. La “bolla” scoppia, la verità della situazione viene a galla e gli agenti federali, il 10 agosto, irrompono nella sede della società di Ponzi e la chiudono insieme alla Hanover Trust Bank. Il 13 agosto il romagnolo viene arrestato.

Carlo Ponzi

La prima pagina del Boston Post dedicata a Ponzi

Il 1° novembre del 1920 Ponzi è dichiarato colpevole di frode postale e condannato a cinque anni di reclusione. Sconta 3 anni e 6 mesi, dopo di che è condannato ad altri 9 anni dalle autorità del Massachusetts. In attesa dell’appello paga la cauzione, si sposta in Florida assumendo il falso nome di Charles Borelli e organizza una nuova truffa, stavolta del genere scam, fondata sulla compravendita e il frazionamento di terreni, sulla quale non stiamo a dilungarci. Ciò lo porta di nuovo in carcere. Il 3 giugno del 1926 esce ancora su cauzione, scappa in Texas e, travisata la propria fisionomia, cerca di imbarcarsi su un mercantile diretto in Italia.

Carlo Ponzi

L’arresto di Ponzi in Texas

Di nuovo scoperto, viene spedito a Boston per scontare il resto della pena. Rilasciato nel giugno del 1934 dopo 7 anni di detenzione, viene espulso dagli USA e condotto in Italia; anche qui cerca di replicare il suo famoso “schema”, ma senza fortuna.

Trovato lavoro in una compagnia area, si ferma infine in Brasile, a Rio de Janeiro, dove muore per i postumi di un ictus il 18 gennaio del 1949. Mentre è ricoverato in ospedale, intervistato da un giornalista americano, afferma: «Ho offerto agli abitanti di Boston il più grande spettacolo dal tempo dello sbarco dei Padri Pellegrini. Valeva ben 15 milioni di verdoni il vedermi metter su tutta la baracca!».

Ancora oggi il cosiddetto «schema Ponzi» è famoso in tutto il mondo, ed è in qualche modo alla base di nuove operazioni e speculazioni che vengono tentate anche attraverso i canali informatici.

Carlo Ponzi

Edizione Usa dell’autobiografia di Charles Ponzi 

PER APPROFONDIRE

Donald H. Dunn, Ponzi il grande truffatore, Sperling & Kupfer, Milano 1976.

Mitchell Zuckoff, Ponzi’s Scheme: The True Story of a Financial Legend, Random House, New York 2005.

Charles Ponzi, L’ascesa del signor Ponzi. La storia segreta, trad. di M. Saba, Indep. Publishing, 2020.

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