ROMAGNA E ROMAGNOLI NEL MONDO / 21 / Verso l’America Latina: storie e motivazioni. Una necessaria premessa

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Nelle prime venti puntate di questa nostra rubrica ci siamo occupati di città del Nord America che hanno nomi derivati da quelle romagnole, e di personaggi provenienti dal nostro territorio che in America settentrionale hanno fatto parlare di sé, assumendo ruoli da protagonisti o vivendo esistenze importanti, interessanti, particolari. Ora passiamo all’America centrale e meridionale, anch’esse, nel tempo, mete di emigrazione e di arrivi di nostri corregionali che raggiunsero quei paesi lontani per vari motivi e con esiti, a volte, degni di essere ricordati e raccontati. Questa puntata costituisce un’introduzione e una premessa a tale nostro nuovo “viaggio”.

Ancora una volta dobbiamo distinguere fra periodi e fenomeni diversi. Se elementi di emigrazione oltre-oceano (verso Brasile, Argentina, Venezuela, Uruguay, ecc.) interessarono anche la Romagna (pur meno e più tardi rispetto ad altre realtà regionali italiane) a partire soprattutto dal 1870-80, già prima di quel tempo diversi nostri conterranei avevano raggiunto quei paesi anche e soprattutto per motivi “non economici”, da ricercare principalmente, così come abbiamo visto trattando degli Stati Uniti, in missioni di evangelizzazione per i religiosi e, per i laici, di carattere politico e ideale, compresi gli allontanamenti e gli esilii, senza dimenticare chi si spostò per spirito di scoperta e di avventura o per portare altrove le proprie grandi capacità di stampo artistico e professionale.

Gli emigranti foto di Angiolo Tommasi

Angiolo Tommasi, “Gli emigranti”, 1895

Stiamo parlando di quella che fu definita “emigrazione d’élite”, che iniziò già con il crollo dell’impero napoleonico e che fu – prendendo in esame tutto il nostro territorio nazionale – particolarmente importante dopo i moti liberali nel Napoletano e negli Stati sardi del biennio 1820-21, quelli di Romagna del 1831, e in seguito alle agitazioni di matrice carbonara, federata, mazziniana che si registrarono dal 1848 al 1870. Insomma, «grazie alla propaganda svolta dalla Giovine Italia all’estero, già dal 1831 si può parlare della formazione di una “religione dell’esilio”» (Jorge Ariel Canales Urriola, Le valigie dell’anarchia). Fenomeni di emigrazione più cospicua e di motivazione solo (o principalmente) economica si ebbero poi, come già detto, a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, quando anche nei nostri territori si manifestarono o si acuirono contingenze tali da spingere a lasciare i paesi natii per cercare altrove migliori condizioni di vita. La crisi agraria che interessò il nostro Paese negli ultimi decenni del XIX secolo (unitamente a un sensibile incremento demografico) conobbe comunque in Romagna, terra di mezzadria, tempi, modalità ed effetti diversi rispetto ad altre realtà.

Emigranti

Emigranti

Come scrive Amoreno Martellini, «mentre molte regioni d’Italia si aprivano al mercato internazionale del lavoro spedendo manodopera agricola in ogni parte del mondo, Marche ed Emilia Romagna (ma in generale tutta l’area mezzadrile del Centro Italia) continuavano a mostrare in quei decenni [gli ultimi dell’Ottocento] tassi di espatrio molto contenuti […]. In parte questa “tardività” nell’aderire al mercato dell’emigrazione è dovuta alla capacità di frazionamento dei fondi, in grado di bilanciare per alcuni anni la crescita demografica e il conseguente ingresso nel mercato del lavoro di generazioni sempre più numerose. In parte la proverbiale capacità dei mezzadri di mettere a frutto le capacità manuali e gestionali che la particolare natura del patto mezzadrile porta con sé, permise loro di reperire integrazioni al reddito familiare con lavori di natura diversa da quello agricolo. Questi fenomeni ebbero la loro ricaduta sulle due regioni fino ai primi anni del nuovo secolo, quando se ne esaurirono gli effetti. A partire da allora i tassi di espatrio aumentarono per tutte e due le regioni (ma in modo più consistente per le Marche) […]. I primi ad essere colpiti furono i braccianti, ma ben presto anche i piccoli artigiani dei centri urbani, colpiti dagli effetti dell’industrializzazione […], dovettero abbandonare le loro case per cercare lavoro all’estero. Infine gli stessi mezzadri, in numero sempre crescente, cominciarono a conoscere la via dell’America. L’altro elemento che va tenuto presente […] è la marcata connotazione sovversiva che assumono i movimenti popolari nelle due regioni. La presenza di consistenti e agguerriti nuclei di repubblicani, socialisti e anarchici nei grandi e nei piccoli centri sia sul litorale che nell’entroterra collinare e appenninico è documentata ormai da una lunga serie di studi. Si tratta senza dubbio di un elemento unificante e non del tutto estraneo al fenomeno migratorio» (A. Martellini, Marchigiani e romagnoli nella “Grande migrazione”, in Gli emiliano romagnoli e l’emigrazione italiana in America Latina, pp.189-190).

La partenza per l’America Latina non fu omogenea nei territori romagnoli, ed ebbe dimensioni di un certo rilievo, si può dire generalizzando, solo nelle aree centro-meridionali della nostra sub-regione, in particolare quelle delle zone appenniniche (come il Montefeltro, ad esempio), storicamente più “povere” e colpite, tra XIX e XX secolo, anche dalla crisi delle poche attività non agricole che le avevano caratterizzate, a partire da quelle estrattive (miniere di carbone e soprattutto di zolfo) e da quelle tessili.

Emigranti

Emigranti

Nell’ultimo decennio dell’Ottocento venne attivato il primo consistente flusso di espatrio da questi territori, soprattutto in direzione del Brasile, con un sistema di prepaid (viaggio prepagato dai proprietari delle fazendas pauliste, che inviavano in Italia agenti e reclutatori i quali promettevano redditi e qualità di vita drammaticamente lontani da quelli reali). In molti casi, questa emigrazione “economica” si incontrò o in qualche caso si sovrappose a quella che aveva avuto e aveva motivazioni di carattere ideologico e politico, con sinergie che qui non c’è spazio per valutare.

Del resto, come già abbiamo scritto, ancor prima di braccianti e operai, verso l’America Latina erano partiti, fin dai primi decenni dell’Ottocento e poi fino alla conclusione della parabola risorgimentale ed unitario-nazionale ed oltre, ex bonapartisti, carbonari, poi mazziniani, socialisti, anarchici, che sovente, partecipando idealmente e concretamente a quel “fronte atlantico libertario” (cfr. Alessandro Bonvini, Avventurieri, esuli e volontari. Storie atlantiche del Risorgimento) e in certi casi “rivoluzionario” di cui abbiamo detto in numeri precedenti della nostra rubrica, nei paesi centro-meridionali del Nuovo Mondo lasciarono un’impronta politica e storica di rilievo e produssero interessanti protagonisti e l’azione di personaggi di cui tratteremo in seguito.

L'America gringa

PER APPROFONDIRE

E. Franzina, Gli italiani al Nuovo Mondo. L’emigrazione italiana in America 1492-1942, A. Mondadori, Milano 1995.

Gli emiliano romagnoli e l’emigrazione italiana in America Latina, Atti del Convegno del 2001, Modena 2003.

E. Franzina, L’America gringa. Storie italiane d’immigrazione tra Argentina e Brasile, Diabasis, Reggio Emilia 2008.

M. Isabella, Risorgimento in exile: Italian émigrés and the liberal international in the post-Napoleonic era, Oxford University Press, Oxford 2009.

Dall’Italia noi siamo partiti”. Storie e speranze di emigrati emiliano-romagnoli in Brasile e dei loro discendenti che vivono a Salto e Itu (San Paolo), a cura di P. Zavatti, Il Ponte Vecchio, Cesena 2010.

A. Bistarelli, Gli esuli del Risorgimento, Il Mulino, Bologna 2011.

J.A. Canales Urriola, Le valigie dell’anarchia. Percorsi e attivismo degli anarchici italiani e romagnoli in Argentina e Brasile nella svolta di fine Ottocento, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Bologna, 2016.

A. Bonvini, Avventurieri, esuli e volontari. Storie atlantiche del Risorgimento, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, 2017-18

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