ROMAGNA E ROMAGNOLI NEL MONDO / 33 / I romagnoli alle Crociate fra leggende (postume) e realtà storica

La prima Crociata (1096-1099), invocata da papa Urbano II durante il Concilio di Clermont del 1095, consistette in una serie di spedizioni per la Terra Santa. Iniziò come un vasto pellegrinaggio della cristianità occidentale e finì con missioni militari per riconquistare i luoghi santi caduti sotto il controllo dei musulmani durante la grande espansione islamica avvenuta tra il 632 e il 661. La Crociata terminò nel 1099 con la presa di Gerusalemme.

Gerusalemme

Una rappresentazione di Gerusalemme

Anche la Romagna diede il suo contributo all’impresa. Se mancano quasi del tutto notizie relative a Ravenna, più numerose sono quelle che riguardano Forlì, che, come scrisse lo storico seicentesco Paolo Bonoli nel suo Istorie della città di Forlì intrecciate di varii accidenti della Romagna e dell’Italia (1661), «a questa guerra spedì molta gioventù distinta […] in due compagnie, che giunsero in Asia insieme col conte Roberto Fiammingo». Sempre il Bonoli informa che i nomi di alcuni dei crociati forlivesi sarebbero contenuti in un rogito notarile del 1100 conservato negli archivi imolesi; ma Giulio Cesare Tonduzzi, nelle sue Historie di Faenza (1675) pubblicate 14 anni dopo l’opera del Bonoli, dopo avere menzionato un faentino che a suo dire molto si distinse alla Crociata (certo Bellisario o Belligero), contesta i presunti documenti imolesi e scrive: «So che il Bonolo, e altri con rogiti supposti pretendono mostrare esser concorsi a questa sacra guerra altri personaggi per honorar le loro patrie; ma discorrono senza fondamento, né il rogito o notaro che suppongono, per diligenze usate si è mai potuto sapere, o trovare, e ricercato l’autore ancor vivente come havesse ciò addotto, rispose esser stato anch’egli da altri ingannato». Insomma, quel documento non esisteva o era fasullo.

Crociate

Crociate

Bonoli ricorda poi, al di là di quell’elenco, l’armigero Sigismondo Brandolini, che si fece valere con un «glorioso certame»; questi, pur di famiglia dalle origini forlivesi, viveva in realtà a Bagnacavallo, città da cui partì per la Crociata, nel corso della quale passò alle cronache storiche per la sua vittoria in un duello con un “Arabo”: a ricordo del fatto d’arme decise di «rapirgli l’impresa degli scorpioni», animali che infatti compariranno poi nel suo stemma di famiglia.

Bonoli cita anche il nome di Federico Teodoli; poi aggiunge: «Quali fossero poi le prodezze de’ nostri forlivesi in Terra Santa, all’espugnazione di città considerabili, in fatti campali, ed in particolari cimenti, troppo sarebbe lungo il narrare». Per questa partecipazione e valore, all’insegna della città di Forlì sarebbe stato consentito di aggiungere la croce bianca. Bonoli inoltre informa: «Presa Gerusalemme, non poche furono le allegrezze per tutta la cristianità; ed in Forlì fabbricossi in piazza una Rocca di legno, la quale a lume di torchj, col concorso di molto popolo e terrazzano e forastiero, fu combattuta e presa da alcune squadre di giovani»: una sorta di festoso “gioco di guerra” per celebrare la vittoria in una guerra vera e lontana. Inoltre per tutta la città si fecero «varj fuochi d’allegria», anche esagerando, tanto che s’incendiò il tetto di una chiesa. Oltre ai già menzionati, fra i partecipanti forlivesi alla prima Crociata si possono probabilmente citare Mazzone Allegretti, Merlino dei Merenda e Faledro, capostipite o quasi della famiglia Ordelaffi (il nome Faledro non è altro che Ordelaf scritto a rovescio). Un altro forlivese nominato fra i partecipanti all’impresa è il religioso vallombrosano Azzo Orgogliosi, cha al suo ritorno venne nominato cardinale (A. Calandrini, G.M. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi, 1985-1993).

Crociate

Avrebbero preso parte alla prima Crociata anche dei riminesi, come annota Cesare Clementini nel suo Raccolto istorico della fondazione di Rimino e dell’origine e vite de’ Malatesti (1617), fra cui un antenato dell’autore, Pietro Clementini, «capitano di mille fanti, sotto la condotta di Boamondo, principe di Taranto, come si vede nella patente di ben servito fattagli da detto principe, che si conserva in casa».

Non mancarono neppure gli imolesi, a detta dello storico Giuseppe Alberghetti che ne tratta nel suo Compendio della storia civile, ecclesiastica e letteraria della città d’Imola (1810), mettendo però in guardia dal fatto che molte famiglie nobili avrebbero sostenuto in seguito, con dubbio o nullo fondamento, di avere avuto antenati crociati, e cita la famiglia Sassatelli, che vantava come partecipanti alla Crociata gli antenati Uguccione, Lelio, Ugolino e Guidone, e la famiglia Carradori, che ricordava un Vincenzo Cesare, capitano che avrebbe condotto in Terra Santa, a proprie spese, cento imolesi, e conclude che così «fecero le altre nostre famiglie più distinte per antichità, per cariche e per valore». In ogni caso il Negri (G.F. Negri, Della sacra guerra detta prima crociata, 1658) dà per certa, riguardo alla partecipazione degli imolesi, quella dei Sassatelli e quella di Annibale Selvatico e Azzone Alidosio.

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Occorre prendere in considerazione ciò che scrive Augusto Vasina, secondo cui non vale molto la tardiva tradizione locale, per lo più dei secc. XIV-XV, che richiamando in genere a fonti della Iª Crociata accreditano una forte partecipazione di Rimini, Forlì, Faenza, Imola, Bologna, in cui molte famiglie presero a vantare antenati crociati per attribuirsi titoli e patenti di gloria e di nobiltà, con operazioni anche di stampo araldico-genealogico. Nonostante ciò la partecipazione romagnola alle Crociate doveva essere nota e affermata: quando il 26 aprile 1256 il romano Goffredo dei Prefetti, vescovo di Betlemme, lancia l’appello per un intervento in Terra Santa, lo indirizza infatti da Anagni «a tutti i fedeli cristiani nel regno di Alemagna, Boemia, Ungheria, Dacia, Polonia, Danimarca, Schiavonia, Patriarcato di Aquileia […], Lombardia e Romagna».

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I romagnoli avrebbero preso parte in maniera non marginale anche alla seconda Crociata (1147-1150); risposero infatti, ci dicono alcune fonti storiche, all’appello armando delle galee con cui trasportare in Terra Santa i militi: una la predispose Ravenna, una Cesena, una Rimini e altre ancora ad opera di altre città, per un totale di sette, stando a uno scritto di Ricobaldo da Ferrara (se ne veda questa recente edizione: “Historia imperiale” attribuita a Ricobaldo, tradotta da Matteo Maria Boiardo, a cura di A. Rizzi e A. Tissoni Benvenuti, Interlinea, Novara 2019). Vasina a questo proposito annota che «la partecipazione sarebbe nutrita, ma non è documentata».

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PER APPROFONDIRE

A. Vasina, Le Crociate nel mondo emiliano-romagnolo, «Atti e Memorie della Deputazione di Storia patria per le Province di Romagna», nuova serie, XXIII (1972), pp. 11-44.

A. Carile, Le Crociate, Editori Riuniti, Roma 1975.

R. Manselli, Italia e italiani alla Iª Crociata, Jouvence, Roma 1983.

G. Caravita, Italia e Romagna alle Crociate. Tra cronaca e storia nel nono centenario della prima Crociata 1096-1996, Luisè, Rimini 1996.

E. Caruso, L. Imperio, M. Mariani, Pellegrini, Crociati e Templari, Ed. Moderna, Castrocaro Terme 1994.

M. Viroli, G. Zelli, Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, II, Il Ponte Vecchio, Cesena 2017.