Continua il progetto per una Romagna autonoma del M.A.R.

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Si è svolta sabato a Cesena presso la “Ca ad Pancot” la ventitreesima assemblea annuale del Movimento per l’Autonomia della Romagna, movimento culturale fondato nel 1990 dall’On. Stefano Servadei e dal Sen. Lorenzo Cappelli, con lo scopo di proporre il referendum per riconoscere alla Romagna lo status amministrativo di Regione, raccogliendo più di 100mila firme.

“L’assemblea quest’anno cade in un periodo di grande fermento per le istituzioni romagnole – dichiara il vice-coordinatore Fabrizio Barnabè -. La necessità di una forma istituzionale coordinata per la Romagna è ormai diventata chiara a tutti i protagonisti del mondo consociativo, a partire da Confindustria, e persino alla Regione Emilia – Romagna stessa. Il progetto di Romagna Next e di Città Romagna ne sono una conferma evidente.”

Dopo 31 anni di attività del M.A.R., l’assemblea di sabato – oltre a rinnovare il proprio Comitato Regionale – si è espressa chiaramente con un voto pressoché unanime sulla necessità di vagliare le possibilità di affiancare alla consueta attività culturale anche un contenitore politico che sappia fare da riferimento per la “Romagna del domani”.

“Purtroppo la politica romagnola di oggi, anche quando in buona fede e animata dalle migliori intenzioni, rischia di non avere bene a fuoco la Romagna nel suo complesso – continua Barnabè -. Per esempio: dalle recenti proposte di pianificazione strategica interprovinciale per l’area Romagna, sono ingiustamente esclusi i comuni dell’Appennino romagnolo attualmente amministrati dalla Città Metropolitana di Firenze; tutta la valle del Santerno e i comuni dell’imolese che sono – è sempre bene ricordarlo – totalmente romagnoli. Il tessuto produttivo romagnolo non può subire una discriminazione così dannosa per la coesione di un territorio che oggi più che mai ha il potenziale per proporsi unito.”

Il vice-presidente Giovanni Poggiali aggiunge: “Il voto dell’Assemblea non lascia adito a interpretazioni: fra le persone c’è la necessità di tornare alla buona politica fatta di cura del territorio, di prossimità istituzionale, di reale tutela dell’ambiente e di visione in prospettiva. In un periodo di grandi cambiamenti come questo, valuteremo quale forma sia più adatta a rispondere alle giuste esigenze delle nostre comunità, sempre all’insegna del nostro antico motto: SOL DA DÊ’ E GNIT DA CMANDÊ’ (solo da dare e niente da chiedere)”.

 

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