ROMAGNA E ROMAGNOLI NEL MONDO / 42 / Il viaggio nel Grande Nord del ravennate Francesco Negri, tra terre inesplorate e “meraviglie”

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Forse, come a volte succede, il merito fu di un libro. Pare infatti che la lettura della Historia de gentibus septentrionalibus di Olao Magno sia stata la molla che gli fece scattare nella mente, pronta a ricevere ogni stimolo che conducesse verso la conoscenza e l’avventura, l’idea di compiere un viaggio ai limiti settentrionali del mondo.

Francesco Negri

Olao Magno in viaggio, probabilmente autoritratto, nella Carta marina del 1539

Parliamo del sacerdote Francesco Negri, nato a Ravenna il 27 marzo del 1623 in una famiglia agiata (da Stefano Negri e Caterina Forestieri); pur destinato dal padre allo stato ecclesiastico e avviato agli studi in teologia, approfondì i propri interessi anche nella geografia, nell’astronomia e nella storia naturale. Ma sulla prima parte della sua vita non sappiamo molto, perché i biografi non ci hanno lasciato che poche righe; molto probabilmente comunque viaggiò, forse come cappellano di ambasciatori, in Ungheria, in Polonia, nelle Fiandre e in Inghilterra. La sua storia più conosciuta e importante parte però da quando aveva quarant’anni e, complice forse la lettura che abbiamo citato, decise per la partenza in solitaria verso l’ancora poco conosciuto (e in certe aree allora inesplorato) estremo nord dell’Europa.

Francesco Negri

Ritratto di Francesco Negri

Giunse a Danzica nel giugno 1663, per raggiungere Stoccolma attraverso il Baltico. Da Stoccolma proseguì via terra fino a Tornio e alla miniera di Svappavaara, in Lapponia. Si spinse quindi fin sulla riva del lago Inari, in direzione di Capo Nord, ma fu costretto a fermarsi a causa dell’inclemenza del tempo e dell’equipaggiamento inadeguato. Fece così ritorno a Stoccolma, dove si trattenne per un anno in qualità di cappellano del francese signore di Chassan. Lasciata la Svezia partì per Copenaghen con l’intenzione di ritornare in patria, ma in Danimarca incontrò l’anatomista Tommaso Bartolini, che «con un discorso di meno di un quarto d’hora lo fece risolvere di ritornar indietro per un viaggio di due mila miglia, e d’altretante per ritornar di nuovo in Copenaghen» (lettera ad Antonio Magliabechi, 16 settembre 1691).

S’imbarcò quindi a Helsingør il 3 ottobre del 1665 e dopo 19 giorni di navigazione arrivò a Bergen. Accolto a Østraat dal gran cancelliere di Norvegia Ove Bjelke grazie a una commendatizia del fratello, conosciuto dal Negri in Italia, vi si trattenne per cinque giorni, congedandosi con la promessa di inviargli ragguagli intorno alla favolosa voragine del Maelström, il tenebroso “vortice marino” frutto principalmente di leggende e oggetto in seguito di pagine e pagine di letteratura fantastica.

Malstroem

Il Maelström in una raffigurazione d’epoca

Proseguì il viaggio dapprima per mare, lungo le coste della Norvegia, poi via terra attraverso la regione di Finnmark, per raggiungere finalmente Capo Nord, primo viaggiatore “forestiero” a giungervi. Ritornato a Copenaghen, fu ricevuto dal re Federico III di Danimarca. Nel 1666 era di nuovo a Ravenna.

Capo Nord

A quanto appare dai suoi scritti, il Negri nel mondo scandinavo e boreale si trovò sempre bene con i popoli e le loro usanze, ma probabilmente la regione che studiò con maggiore curiosità e interesse fu la Lapponia, dove imparò a muoversi sugli skier (è considerato il primo italiano ad avere sperimentato lo sci da fondo) e a guidare le slitta trainata da una renna. Riguardo agli sci, che come detto volle imparare ad usare, annota: «Per camminar dunque con gli skier, che così chiamano gli svezzesi [svedesi] quelle tavolette, non le sollevano mai dalla neve alzando il piede, ma leggermente strisciando vanno avanzando con la stessa agilità, che camminando liberi a piedi sopra terra».

Lapponia

Illustrazioni dal Viaggio settentrionale del Negri e scene di vita lappone

I Lapponi gli sembrarono il popolo più felice della terra: estranei ai bisogni e ai valori della cultura del resto d’Europa, vivevano un’esistenza nomade, serena e appagata. Nei suoi tre anni di viaggi il Negri annotò costumi, cultura, registrando tipologie di alimentazione, abitudini igieniche, abbigliamento, cerimonie e rapporti sociali. La straordinaria relazione di conoscenza e del viaggio attraverso le attuali Svezia, Norvegia e Finlandia, organizzato in otto capitoli, è godibile nel suo libro Viaggio settentrionale Fatto e descritto da Francesco Negri da Ravenna, pubblicato postumo nell’anno 1700, dopo diversi tentativi da parte dell’autore di poterlo approfondire con nuovi viaggi, di poterlo debitamente illustrare con disegni e infine di poterlo pubblicare in maniera degna. Nel luglio 1667, in occasione della visita a Ravenna dello scienziato, letterato e diplomatico romano Lorenzo Magalotti, il Negri gli fece da guida in città per tre giorni e, su istanza del comune amico Guido Rasponi, gli consegnò copia del manoscritto relativo viaggio in Scandinavia da inoltrare al granduca Ferdinando II. Durante la sua permanenza in Svezia e Norvegia aveva infatti scritto lettere di ragguaglio a illustri corrispondenti a Roma e a Firenze, e aveva steso una relazione per l’arcivescovo di Ravenna Luca Torrigiani, tutti scritti che avrebbe poi utilizzato per la redazione del Viaggio settentrionale.

Viaggio di Negri

Nel libro non troviamo solo precise descrizioni dell’ambiente, della geografia e della natura dei luoghi, della vita e dei caratteri delle sue genti: ci sono infatti non poche concessioni al fascino di quel mondo boreale prima sconosciuto, condito dall’immaginario e dalle leggende dei suoi abitanti, oltre che dal senso del “meraviglioso” tipico dell’epoca e non raro nei resoconti di viaggio nelle terre più lontane e incognite.

Francesco Negri

Il Negri infatti, raccogliendo i contenuti dell’immaginario collettivo dei popoli che incontra, menziona folletti e troll, draghi volanti, giganteschi serpenti di mare, volpi ghiotte di molluschi che si fanno prendere dalle loro valve come in una tagliola, rondini che svernano sott’acqua, annegati che vengono “resuscitati” con apposite pratiche magiche, uccelli che nascono da alberi fatti di conchiglie marine. Poi, con un ritorno alla fedeltà del realismo, ci descrive orsi bianchi, renne, foche, balene, scene di caccia e di vita quotidiana, costruendo un maestoso e inedito scenario degno di una saga nordica o di un romanzo fantasy da una parte, di un prezioso e raro documentario dall’altra.

Francesco Negri morì a Ravenna il 27 dicembre del 1698; la sua città gli ha dedicato una strada.

PER APPROFONDIRE

R. Wis, Terra Boreale. Studi italo-finlandesi, Soderstrom Osakeyhtio, Helsinki 1969.

C. Wis, Francesco Negri primo etnografo dei Lapponi, Istituto Universitario Orientale, Napoli 1981.

M. Milanesi, In giro per il mondo: gli esploratori, in Storia illustrata di Ravenna, a cura di P.P. D’Attorre, III, Nuova Editoriale Aiep, Milano1990, pp. 17-32: 17-20.

S. Saccone, Alla scoperta del mondo. Relazioni di viaggio sec. XV-XVIII, Clueb, Bologna 1994, pp. 175-186.

G. Caravita, Francesco Negri. Viaggio settentrionale: 1663-1666, Artestampa, Ravenna 2004.

F. Brevini, La sfinge dei ghiacci. Viaggiatori italiani alla scoperta del Grande Nord dal XIV al XX secolo, Hoepli, Milano 2009, pp. 81-115.

M. Catucci, Negri, Francesco, in Dizionario Bibliografico degli Italiani, vol. 78, Istituto del’Enciclopedia Italiana, Roma 2013, sub voce.

L’edizione più recente del Viaggio settentrionale di Francesco Negri è quella (anastatica dell’edizione della Stamperia del Seminario, Padova 1700) di Leading, Bergamo 2000.

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