Boom di terze dosi. Ausl Romagna si prepara a vaccinare anche i bambini da fine anno. Il punto sulla pandemia con la dottoressa Raffaella Angelini

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L’inverno è alle porte e la pandemia riprende forza, come abbiamo ormai imparato da un paio d’anni a questa parte. Abbiamo fatto il punto su terza dose, funzionamento degli hub vaccinali, vaccini ai bambini, cosa ci attende nelle prossime settimane e durante le feste natalizie con la direttrice del Dipartimento di Igiene Pubblica di Ausl Romagna, Raffaella Angelini, che segue da vicino tutta la partita della pandemia e delle vaccinazioni.

Dottoressa Angelini, come sta andando la campagna per la terza dose? La scorsa settimana ci sono stati alcuni intoppi, tra ressa all’hub e prenotazioni a tratti bloccate per eccesso di richieste.

Non parlerei di intoppi ma di necessari passaggi di adattamento alle nuove esigenze della campagna vaccinale. Abbiamo avuto mesi, da agosto ad ottobre, in cui i centri vaccinali hanno lavorato pochissimo. Anche dopo lo sblocco della terza dose non c’è stata la corsa a vaccinarsi, le persone l’hanno presa con molta filosofia.

Poi, da un momento all’altro, l’epidemia ha ripreso il volo: noi ce l’aspettavamo, meno i cittadini, che a quel punto hanno cominciato a spaventarsi. Inoltre, il Governo nel giro di poco tempo ha cambiato le disposizioni, aprendo prima la terza dose dopo 6 mesi, poi anticipandola a 5, infine aprendo ai 40enni. Quindi, nell’arco della settimana scorsa sono confluite sugli hub vaccinali una serie di modifiche organizzative che hanno comportato il raddoppio del flusso. Per altro, avevamo deciso di sperimentare l’accesso diretto, che reputo un ottimo approccio per avvicinare gli indecisi, ma la convergenza di tutti questi fattori ha creato un sovraccarico.

La portata dei disagi però, a mio parere, è stata un po’ gonfiata: nessuno ha atteso più di un’ora e mezzo, nessuno è stato mandato via senza vaccino. Se pensiamo che il vaccino può salvarti la vita… Capisco che il punto di vista di chi ha atteso a lungo possa essere diverso, ma credo occorra mantenere i nervi saldi e pensare che, con tutti questi assestamenti di cui ho parlato, si possa comprendere che la flessibilità delle strutture vaccinali è stata messa a dura prova, eppure ha tenuto. Da questa settimana l’accesso libero è sospeso, resta solo per le prime dosi e tutti coloro che lavorano in ambito sanitario, in senso lato.

Stiamo anche sperimentando l’invito tramite sms per la terza dose: chi lo riceve, ottiene un appuntamento già fissato, che può naturalmente essere modificato. Chiediamo solo di annullarlo se non si hai intenzione di utilizzarlo, così da lasciar posto ad altri. Si tratta di una sperimentazione che potremo valutare tra qualche settimana.

Complessivamente comunque, la richiesta è abbondante, ma soprattutto, quello che ci fa piacere, è che sta aumentando significativamente il numero delle prime dosi. Evidentemente tanti esitanti si sono decisi. Solo nell’ultima settimana, le prime dosi in tutta la Romagna sono state 4.200 e di questi oltre 1.600 sono ravennati, dove già la copertura era alta. Per esempio, la copertura vaccinale della fascia 12-19 anni è aumentata del 2%.

I vaccini che stiamo utilizzando ora non sono aggiornati rispetto alle ultime varianti, quanto continuano ad essere importanti?

Non esistono al momento prove scientifiche che dimostrino una minore efficacia degli attuali vaccini rispetto alle nuove varianti, compresa la Omicron. Abbiamo invece la certezza che la strada della vaccinazione, anche ipotizzando un’efficacia ridotta, è quella da seguire convintamente. Negli ospedali, le persone affette da patologie gravi sono quasi tutte non vaccinate. In Romagna ci sono 24 persone ricoverate in terapia intensiva, di queste, 22 sono non vaccinate.

Non dobbiamo però pensare che il vaccino ci dia una copertura assoluta rispetto all’infezione, non è così. Ci protegge ampiamente dalla malattia grave, ma non totalmente dalla possibilità di infettarci. Ci protegge attorno al 70% dalla possibilità di contrarre il virus. Per questo restano fondamentali tutte le altre misure di protezione, le 3M: Mascherine, lavaggio delle Mani e Metro di distanza.

Dovremo abituarci all’idea di fare continui richiami?

Non lo sa nessuno a dire il vero. Però, quello che i virologi ipotizzano è un progressivo adattamento della popolazione al virus, che fa in modo che il virus perda progressivamente di aggressività, anche se la trasmissibilità aumenterà sempre. Questo non avviene naturalmente, ma per effetto della vaccinazione. Non ci si può aspettare che il virus si plachi.

L’Aifa ha dato il via libera ai vaccini per i bambini tra 5 e 11 anni. Cosa ne pensa e quando partirà la campagna vaccinale per questa fascia di età in Romagna? Si suggeriscono percorsi dedicati, come si organizzerà l’Ausl Romagna?

È prematuro parlare dell’organizzazione, ci stiamo ancora lavorando assieme ai pediatri di libera scelta e alla pediatria di comunità. Nell’arco di una decina di giorni dovremmo avere risposte più chiare in merito. È probabile che il vaccino pediatrico arrivi verso la fine dell’anno, a quel punto saremo pronti per partire.

Di certo la vaccinazione ai bambini è caldamente consigliata. Ci sono prese di posizione di tutte le società scientifiche di pediatria, il parere di autorevoli scienziati ed immunologi come il prof. Mantovani. Il vaccino è sicuro ed efficace, è stato usato negli Stati Uniti in oltre 2 milioni di bambini di questa fascia di età. Se è vero che i bambini si ammalano meno di forme gravi, che sono tipiche di chi ha già altre patologie, non sono comunque immuni anche dalle forme gravi. In questa fase, la circolazione virale è sostenuta proprio da questa fascia di età e quando il virus circola liberamente, anche gli eventi più rari succedono con più frequenza. E poi c’è l’effetto indiretto che la pandemia ha sulla vita sociale dei bambini: i continui stop a scuola e attività ricreative a causa delle quarantene. Ci sono tanti motivi, sia diretti che indiretti per vaccinare i bambini e le informazioni che abbiamo sulla sicurezza del farmaco possono rassicurare i genitori.

I ricoveri sono significativamente in aumento da diverse settimane, siamo a rischio di futuri passaggi di colore di zona? Che natale ci aspetta?

Nei bollettini che Ausl Romagna diffonde settimanalmente vengono riportati anche i dati sui ricoveri dello scorso anno, a parità di periodo e risulta evidente come la vaccinazione abbia drasticamente abbassato i ricoveri. Ciò detto, cosa succederà a Natale o nelle prossime settimane non è scritto da nessuna parte, dipende dai comportamenti di tutti noi: se agiamo in maniera coerente con le indicazioni, avremmo più possibilità di essere tranquilli. L’Emilia Romagna non è ancora a rischio di passare in zona gialla, ma ci stiamo avvicinando: l’incidenza, soprattutto dell’ospedalizzazione sta aumentando significativamente. Stiamo a vedere, per ora siamo ancora in una condizione di gestibilità negli ospedali della Romagna. Però è chiaro che i posti letto sono quelli, se li occupiamo con i malati Covid poi si ferma il resto. Non dimentichiamoci che le terapie intensive sono fondamentali per molti interventi, che rischiano di essere rimandati se non ci sono letti liberi in quel reparto.

Lei ha sempre avuto dubbi sull’obbligo vaccinale. Pensa invece che il Green Pass e il “Super Green Pass” come strumento che facilita la vita sociale e invita a vaccinarsi funzioni? 

Io penso che l’obbligo sia meno efficace della spinta indotta dal Green Pass. L’obbligo comporta delle sanzioni per chi non lo ottempera, che colpirebbero in maniera differente le diverse fasce di popolazione. Invece, dare la scelta alle persone tra vaccinarsi o restare in casa secondo me è un sistema più incisivo. Consideriamo inoltre che noi, come Paese, siamo molto vicini al 90% di copertura, considerato anche chi non può vaccinarsi e chi proprio non vuole farlo. Credo che l’obbligo non ci porterebbe molto più lontano. L’obbligo invece per alcune categorie professionali, prima per i sanitari e poi per forze dell’ordine e insegnanti, lo ritengo assolutamente appropriato perché per esercitare certe attività è necessario che non si procurino rischi alle persone con cui si entra in contatto.

Se guardiamo agli altri Paesi europei, lì la situazione è più drammatica, cosa ci differenzia da loro? Siamo stati più bravi?

Nonostante tendiamo sempre a sminuirci nei confronti degli altri, credo che ci stiano guardando tutti con una certa dose di ammirazione dall’estero. La coerenza della politica sanitaria nella gestione dell’epidemia si è vista e al di là dei contrasti interni, che riguardano una minoranza della popolazione, sebbene molto rumorosa, ciò che ha fatto l’Italia è ciò che andava fatto. Poi, scendendo nei dettagli, si può sempre fare meglio, ci mancherebbe, ma la gradualità di introduzione del Green Pass, prima per accedere ai luoghi di intrattenimento, poi per il luogo di lavoro e così via, hanno fatto la differenza.

Anche in merito all’uso delle mascherine, la politica del Regno Unito, che confidando sulla vaccinazione le ha eliminate già dall’estate, li ha messi nei guai. Noi ora possiamo fare praticamente tutto. Se ripensiamo all’anno scorso, alle 22 dovevamo chiuderci in casa, non potevamo andare al ristorante, se prendevamo il caffè al bar dovevamo farlo all’addiaccio, i cinema e i teatri erano chiusi, concerti neanche a pensarci. Ora possiamo fare tutto, semplicemente la situazione ci impone ancora di usare delle cautele e dobbiamo metterci in testa che dobbiamo farlo.

Fino a quanto? Toglieremo mai le mascherine?

Questo è difficile da dirlo. Le racconto un aneddoto: fino a qualche anno fa, i colleghi del Pronto Soccorso, erano abituati a veder arrivare in ospedale pazienti asiatici con le mascherine e sembrava quasi una situazione fuori dal mondo. Loro però avevano già vissuto importanti epidemie, dall’influenza aviaria alla Sars ed era entrata in loro la consapevolezza di doversi proteggere dalle malattie respiratorie, che da noi proprio non c’era, neanche nei sanitari.

Forse questa è una cosa che non dobbiamo eliminare del tutto, lo abbiamo visto l’hanno scorso: con le mascherine l’influenza praticamente non c’è stata. Anche quando la situazione sarà più tranquilla, potremo continuare ad usare le mascherine senza sentirci “imbavagliati”: non tutto il giorno, ma magari in inverno, nelle situazioni che non ci consentono di stare a distanza dagli altri, ci proteggeranno dal coronavirus, ma anche dal raffreddore o dall’influenza.

Che cosa vede nella sfera di cristallo a proposito dell’inverno 2021/2022? Quanto dobbiamo essere preoccupati e quanto attenti? Quale consigli vuole dare ai nostri lettori?

L’inverno finisce a marzo e ne abbiamo ancora parecchio davanti. Bisogna prestare attenzione ed attenersi a tutte le disposizioni ormai arcinote. Solo così possiamo pensare di superare l’ostacolo.

 

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