Sanità. Accordo tra la Regione e i sindacati, riconosciuta l’indennità aggiuntiva anche ai sanitari dei reparti Covid

Tutti i lavoratori e le lavoratrici con contratto di somministrazione in forze al 1° maggio 2021 nei reparti covid delle strutture sanitarie regionali potranno richiedere presso le proprie o precedenti agenzie di somministrazione la conferma del riconoscimento dell’indennità di 791,76 euro netti per il lavoro svolto nei reparti covid. Lo comunicano i sindacati Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp Uil dell’Emilia-Romagna. Il risultato è frutto dell’accordo siglato lunedì scorso fra l’Assessorato regionale alle Politiche per la salute e CGIL CISL e UIL Emilia-Romagna. Un accordo, nell’ambito del Patto per il lavoro e il clima, che riafferma il principio di parità di trattamento per i lavoratori e le lavoratrici in somministrazione impegnati nel servizio sanitario pubblico: in tutto 651 operatori sanitari a livello regionale tra infermieri, operatori del 118, amministrativi, assistenti sociali, etc.

“Si conclude positivamente, dunque, una vertenza durata quasi due anni dovuta al mancato riconoscimento delle indennità per il personale sanitario in somministrazione presso le strutture ospedaliere che ospitano i cosiddetti reparti covid. – commentano i sindacati – Un risultato reso possibile anche e soprattutto grazie alle iniziative e agli scioperi organizzati in questo ultimo anno che hanno permesso ai sindacati di categoria Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uiltemp di ottenere finalmente l’applicazione di quanto contenuto nel decreto per la parità di trattamento. L’origine di questa rivendicazione che, seppur retroattivamente, porterà in tasca dei lavoratori somministrati 791,76 euro netti, nasce dal fatto che in quest’ultimo biennio, caratterizzato dal contrasto alla pandemia da covid 19, i molti decreti a sostegno del personale sanitario, anche tramite incentivi economici, hanno sempre escluso una platea importante di lavoratori e lavoratrici precari che, proprio come il personale assunto, hanno meritevolmente dato il proprio contributo, senza però ricevere alcuna riconoscenza. Come se essere precari significasse essere meno “eroi” di altri, nonostante svolgessero le medesime funzioni con i medesimi rischi di un assunto. L’accordo siglato in Regione va quindi nella giusta direzione e sancisce il riconoscimento di pari dignità per il lavoro e il sacrificio svolto dal personale in somministrazione impegnato nelle nostre strutture sanitarie pubbliche. Anche se in ritardo (ma meglio tardi che mai), si può dire che in Emilia-Romagna, nel contrasto alla pandemia da Covid-19, non ci sono differenze salariali tra assunti e precari.”

FP CGIL Medici: la soluzione dei problemi dei Pronto soccorso passa dalla riorganizzazione della rete territoriale delle cure primarie

“È sufficiente contare il numero di codici bianchi che si rivolgono ai Pronto soccorso per capire cosa non funzioni nel sistema e quali interventi siano necessari. Ad oggi sono migliaia le persone che tutti i giorni in Emilia-Romagna si rivolgono al Pronto soccorso chiedendo di usufruire prestazioni di base che nulla hanno a che fare con l’emergenza e con l’urgenza. Di conseguenza, pur apprezzando le proposte della Regione, riteniamo che da sole non bastino e che sia necessario fare altro per dare risposta alle difficoltà e per evitare fughe di professionalità ed esperienze fondamentali per il nostro servizio sanitario regionale. Iniziando da cose semplici e basilari, come evitare di assegnare ai medici dei Pronto soccorso, oltre alle normali funzioni, anche quelle di guardia ospedaliera, come spesso accade negli ospedali di piccole e medie dimensioni. Con il rischio di trovare fuori dalla struttura il medico che dovrebbe sostare in PS perché obbligato a controllare anche altri reparti, trovandosi poi in difficoltà nella gestione di un’emergenza improvvisa. E tornando a sviluppare i protocolli per la gestione dell’emergenza territoriale, per garantire la massima efficacia ed efficienza utilizzando in maniera proficua i medici dipendenti all’interno del Pronto soccorso. Dopodiché, va aperta una discussione sul decreto ministeriale numero 71 per la riorganizzazione della rete territoriale delle cure primarie, indirizzando chi ha problemi non urgenti/emergenti verso strutture idonee per evitare inutili intasamenti. Provando a capire se è bene che eventuali ambulatori di gestione dei codici bianchi rientrino nei Pronto soccorso (come nella proposta della Regione) o all’interno delle Case della Salute (come immaginiamo noi) evitando così di legittimare flussi di prestazioni che provocano ulteriori intasamenti. Riteniamo anche fondamentale progettare la necessaria formazione/informazione nell’utilizzo dei servizi, uscendo dalla logica punitiva del superticket nei confronti di chi si rivolge erroneamente al Pronto soccorso, ed entrando in quella dell’uso consapevole della rete dei servizi.” Così una nota di FP CGIL Medici Emilia-Romagna.