Cavallette in Romagna. L’assessore Mammi: “Pronte diverse strategie di intervento anche con uso di droni per monitoraggio e trattamenti localizzati”

Le infestazioni, con diversi livelli di gravità, interessano l’intera fascia collinare e pedecollinare romagnola da Castrocaro fino alla valle del Savio. Martedì 5 luglio la Regione a Meldola per fare il punto della situazione

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Interventi diretti e soprattutto una precisa mappatura delle zone infestate dalle cavallette così da individuare i focolai e le ‘grillare’, cioè i luoghi in cui l’insetto depone le uova. È quanto emerso dal Comitato fitosanitario nazionale tenutosi nei giorni scorsi, durante il quale è stato fatto un aggiornamento sulle infestazioni localizzate in Emilia-Romagna, unitamente all’emergenza vera e propria della Sardegna, devastata da sciami di grosse locuste che divorano la vegetazione spontanea e le colture. Martedì 5 luglio a Meldola (FC) tecnici del Settore Fitosanitario regionale insieme agli amministratori delle aree colpite faranno il punto sulla situazione e coordineranno gli interventi.

Si tratta di popolazioni di Calliptamus italicus, conosciuta anche come ‘cavalletta dei prati’, una specie autoctona generalmente meno dannosa rispetto a quella che sta creando danni in Sardegna, ovvero il Dociostaurus maroccanus, grossa locusta estremamente vorace che quando presente in gran numero distrugge enormi quantità di piante coltivate e spontanee che incontra nel suo percorso.

“Nel recente Comitato fitosanitario nazionale abbiamo illustrato – ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi – le diverse strategie di intervento, che prevedono anche l’uso di droni per il monitoraggio e per i trattamenti localizzati, che potranno essere autorizzate dal Ministero della Salute. Il settore fitosanitario regionale, in collaborazione con gli enti locali e l’Ausl Romagna, sta monitorando puntualmente lo sviluppo delle infestazioni di cavallette ed elaborando una strategia operativa di contenimento di breve e di medio-lungo periodo”. “Per ridurre le popolazioni di cavallette e contenerne i danni – ha concluso Mammi – non si può però prescindere da un’attenta azione di presidio del territorio che può essere effettuata soltanto coinvolgendo tutti, dagli enti pubblici ai tecnici e agli agricoltori che operano nelle zone, soprattutto collinari, in cui vengono registrate le infestazioni”.

Gli interventi

I principali interventi saranno di carattere preventivo come la lotta meccanica per distruggere le ooteche (l’involucro in cui sono contenute le uova deposte dalle cavallette) con lavorazioni superficiali, come l’erpicatura, nel periodo autunno-invernale e comunque entro aprile, esponendo le uova agli agenti atmosferici e ai predatori. Interessante in prospettiva potrebbe essere l’impiego localizzato di volatili predatori come le faraone che anche nel passato hanno contribuito al controllo delle infestazioni di cavallette in prossimità dei centri aziendali. Nelle zone infestate, prevalentemente destinate a colture foraggere biologiche, sono già in corso prove di campo per individuare i più efficaci trattamenti bio utilizzabili su erba medica. Nel territorio di Meldola è in corso, grazie alla disponibilità di una società specializzata nella produzione di questo tipo di agrofarmaci, una sperimentazione di campo per verificare l’efficacia di un nuovo formulato a base di funghi entomopatogeni che potrebbe avere un’autorizzazione per uso eccezionale già a partire dall’autunno prossimo.

Le zone colpite

Le infestazioni di Calliptamus italicus, seppur con diversi livelli di gravità, attualmente interessano l’intera fascia collinare e pedecollinare romagnola da Castrocaro fino alla valle del Savio. Le coltivazioni di erba medica sono quelle che subiscono le maggiori conseguenze dagli attacchi e il danno viene accentuato dal permanere di condizioni siccitose che, ostacolando il ricaccio vegetativo, aggravano la situazione di crisi nelle piante colpite. Va precisato però che non siamo di fronte a invasioni di insetti esotici, ma ad un aumento anomalo del numero di esemplari di una specie naturalmente presente nel nostro territorio e che, anche nel recente passato, ha causato momentanee esplosioni demografiche.

Cavalletta dei prati

CHE COS’È LA ‘CAVALLETTA DEI PRATI’

La “cavalletta dei prati” (Calliptamus italicus L., Orthoptera Acrididae), una specie ampiamente diffusa in tutta Italia lunga 2-4 cm da adulte, di colore bruno e caratterizzate da ali di colore rosa che si rendono particolarmente evidenti solo quando gli insetti, disturbati, effettuano brevi voli. Fra le numerose specie di cavallette presenti nei nostri ambienti, sono le uniche ad avere creato problemi con le loro infestazioni.

Calliptamus italicus compie una sola generazione all’anno e supera l’inverno nel terreno allo stato di uovo. Le forme giovanili nascono scalarmente in funzione dell’altitudine e dell’esposizione, tra la fine di maggio e la fine di luglio. In caso di forte infestazione le giovani cavallette si riuniscono in folle che ricoprono interamente il terreno e si spostano alla ricerca di cibo devastando le coltivazioni soprattutto le leguminose foraggere che incontrano sul loro cammino. In circa 40-50 giorni, attraverso più mute, raggiungono lo stato adulto. I primi adulti compaiono in luglio e si accoppiano, spostandosi in volo per brevi distanze. La deposizione delle uova avviene in agosto in aree circoscritte, dette “grillare”, presenti per lo più in vecchi prati o medicai caratterizzati da terreni compatti, esposizione a sud e dotati di pendenza (quindi meno soggetti a ristagni idrici). La femmina scava nel terreno un foro della profondità di 2-3 cm dove forma una ooteca (comunemente denominata “cannello”) deponendo sovrapposte e incollate tramite un secreto spugnoso 25-55 uova. Ogni femmina è in grado di formare da 3 a 6 ooteche. Nelle zone maggiormente infestate, il terreno delle grillare può apparire ricoperto da uno strato continuo di cannelli di uova.

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