Nomine politiche e agenti “abbandonati dallo stato”: agitazione sindacale per la Polizia Locale

Lo stato di agitazione è stato indetto dal Sulpl, il sindacato più rappresentativo della categoria

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Le loro condizioni di lavoro “sono peggiorate per tutta una serie di fattori”, loro non ci stanno e indicono un’agitazione sindacale. Sono i lavoratori della Polizia Locale dell’Emilia Romagna, rappresentati dal sindacato di categoria con più iscritti, il Sulpl, che lamenta il mancato ascolto delle loro richieste da parte della Regione Emilia Romagna. “Abbiamo seguito tutto l’iter di modifica della Legge 24/2003 – dichiara Miriam Palumbo, dirigente del Sulpl -, cercando di dare il nostro contributo per rendere la Polizia Locale dell’Emilia – Romagna più vicina ai cittadini e renderla al passo con i tempi, ormai radicalmente cambiati rispetto a 14 anni fa”.

 

“E invece no! – aggiunge -. È proprio il caso di dire che ancora una volta la sensazione è che “cambia tutto per non cambiare nulla”, pur di dare il contentino ai vari politici e burocrati locali. La Regione E/R ha messo da parte una Legge evolutiva e moderna, per prediligere una Polizia Locale ancora e sempre soggiogata ai capricci del politicante/burocrate di turno e questo è comprovato da un articolato in cui si ribadisce che il Comandante deve “preferibilmenteprovenire dalla PL, un aggettivo chiave, che ha però pesanti ricadute in quanto significa che l’organismo politico potrà accontentare qualsivoglia burocrate e metterlo a dirigere un Comando, pur non avendo la benchè minima idea del nostro lavoro”.

 

“In buona sostanza la Regione E/R – continua Palumbo – non ha perso occasione per mostrare la sua refrattarietà rispetto ad una visione moderna della PL e tra l’altro non più differibile nel tempo, vista l’incombente minaccia terroristica, le sempre maggiori richieste e aspettative da parte della cittadinanza verso la nostra polizia di prossimità, non trascurando il mutato contesto socio-culturale; i burocrati regionali sembrano vivere in un mondo surreale, non avvedendosi della nostra mancanza di tutele legali e per la salute”.

 

“È loro dovere etico-morale tutelare gli uomini e le donne che indossano la divisa della sola Polizia di Prossimità – conclude la dirigente -, troppe volte a nostro avviso oltraggiata e fatta oggetto di violenze fisiche e verbali. È tempo che in Regione la smettano di trattarci alla stregua di impiegati amministrativi, rifiutandosi di imporre agli amministratori locali modelli operativi e organizzativi, nonchè fondi a tutela dei lavoratori, cosa che invece accade in altre Regioni, non lontane dalla nostra che hanno adottato leggi regionali più al passo con i tempi e vicine alle esigenze della nostra categoria, abbandonata dallo Stato”.

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