Uno Bianca. Un libro sulle Stragi ‘indaga’ i rapporti fra i fratelli Savi e la Falange Armata

L'ex pm Giovanni Spinosa e la giornalista Beccaria approfondiscono le relazioni tra le due realtà in "La Repubblica delle stragi. 1978-1994 il patto di sangue tra Stato, Mafia, P2 ed eversione nera"

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La Banda della Uno bianca non fu ‘solo’ il gruppo criminale dei fratelli Savi, responsabile, in base alle sentenze, di 24 morti e oltre cento feriti tra Romagna, Bologna e Marche. E neppure la Falange Armata fu ‘solo’ un gruppo di ‘parassiti del terrore’, artefici di ben informate rivendicazioni di fatti di sangue, ma senza rapporti con gli autori dei delitti. Entrambe furono molto di più e approfondire le relazioni tra le due realtà può aiutare a capire meglio la storia italiana, saldando diversi periodi del terrore. E’ la tesi di uno dei capitoli chiave del libro ‘La Repubblica delle stragi. 1978-1994 il patto di sangue tra Stato, Mafia, P2 ed eversione nera’, a cura di Salvatore Borsellino, edito da Paperfirst. 

Il volume è a più mani e al capitolo sui rapporti tra Uno Bianca e Falange Armata hanno lavorato in particolare Antonella Beccaria, giornalista bolognese, e Giovanni Spinosa, presidente del tribunale di Ancona, in passato pm a Bologna, titolare di indagini proprio sulla Uno bianca: gli assalti alle Coop, in cui era già stato condannato un gruppo di catanesi, e l’eccidio del Pilastro.

Era in corso un processo a Marco Medda, legato a Raffele Cutolo, e a giovani del luogo; furono tutti assolti dopo l’arresto dei fratelli Savi (Roberto e Alberto, poliziotti a Bologna e Rimini, e Fabio) e di altri tre poliziotti. Spinosa, che era da tempo convinto che i delitti della Uno Bianca facessero parte di una strategia terroristica che la Mafia e non solo scatenò contro lo Stato, ora, assieme agli altri autori, ripercorre e analizza le diverse fasi delle azioni criminali della Banda, leggendole anche alla luce dei comunicati falangisti e rifiutando una lettura ‘minimalista’ dei fatti, come quella dei poliziotti-rapinatori, e concentrandosi sui legami che i Savi avevano con camorristi, siciliani e non solo.

Analogo l’approccio sulle rivendicazioni: “A dispetto di quanti non hanno mai preso sul serio la Falange – scrivono gli autori – c’era probabilmente chi leggeva con interesse i suoi comunicati”. In un progetto eversivo a più teste, un ‘consorzio’ viene definito, questi avrebbero svolto la funzione di raccordo interno: una comunicazione, dunque, con finalità non solo di enfatizzazione mediatica dei delitti, ma anche di interlocuzione fra “le varie componenti della progettualità eversiva in atto”. Ed è così che proprio la Uno Bianca, è l’approdo del ragionamento degli autori, fu un momento organico “nella evoluzione di un coerente cammino eversivo gestito da un consorzio criminale che, nell’aprile del 1990, assunse il nome di Falange Armata’”.

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