ROMAGNA. NEL SEGNO DELLA TRADIZIONE / 1 / Alle radici del nostro folklore: 50 appuntamenti settimanali con Eraldo Baldini in questa nuova rubrica

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PRESENTAZIONE E PREMESSA di Eraldo Baldini *

Oggi ha ancora senso occuparsi di tradizioni che provengono da un passato lontano e che erano funzionali a un mondo e a una società nel frattempo scomparsi o profondamente mutati? La risposta è «sì», e per diversi motivi. Il primo, per usare una frase fatta, è che è sempre importante, anzi necessario, sapere e capire «da dove veniamo». La cultura popolare e tradizionale, formatasi con stratificazioni e adeguamenti nel corso dei millenni, è appartenuta alle innumerevoli generazioni che ci hanno preceduto, è stata per loro un viatico, un’ottica, un modo di rapportarsi alla realtà prosaica come al contesto spirituale, e per questo ha contribuito a formare il nostro DNA culturale.

Romagna

Il secondo è che quella cultura, con le sue date celebrative frutto della commistione, nel tempo, di diversi apporti religiosi, rituali e calendariali, in qualche modo ancora ci appartiene e ci accompagna. E rappresenta il risultato dell’elaborazione di una visione del mondo che, pur con tutti i suoi limiti e problemi, ha cercato di coniugare la vita dell’uomo con quella di ciò che lo circondava (la natura, il cosmo, la soprannatura) e ha cercato di creare fra questi piani di esistenza un dialogo e delle regole di convivenza.

Ballo popolare

L’importante, però, è che nel trattare di tradizioni non ci si limiti alla rievocazione dei «bei tempi andati» o all’elencazione più o meno aneddotica di gesti e forme di cui non si cerchi di indagare l’origine, lo scopo, il significato. Non bisogna insomma fermarsi a raccontare il «come», ma si deve cercare di comprendere il «perché» delle usanze, la loro funzione ed evoluzione storica, culturale, religiosa, il loro ruolo di permanenza nell’oggi e il loro manifestarsi in diverse occasioni a partire da quelle di «festa». È ciò che ci proponiamo di fare, pur nel limite dello spazio a disposizione, con questa rubrica.

Esistono difficoltà di lettura della morfologia e del significato della festa nel tempo, in parte dovute a un approccio che è stato a lungo principalmente etnografico, con cui si andava alla ricerca degli elementi ritenuti immutabili di una ritualità legata a vecchi calendari cosmici ed agropastorali, concentrandosi dunque su ciò che le feste in larga parte non sono più. Allo stesso tempo non si può negare che accanto a ovvie dinamiche di trasformazione della festa nelle forme, nelle motivazioni, nei significati, esista una forza conservatrice, e se vogliamo una radice, che rende le feste (e le tradizioni in genere) tanto più sentite e durature quanto più quella radice l’affondano nel tempo, finanche a quell’humus di ritualità e di significati cari ai folkloristi e agli etnologi. Esiste, insomma, un potere della tradizione che si muove sulle lunghe durate.

Occorre comunque distinguere tra festa tradizionale, che si iscrive nel quadro di un sistema rituale, e le banali occasioni di semplice divertimento. La festa tradizionale è legata a una concezione di tempo non già lineare, ma ciclico; o quantomeno instaura, anche in una società (come quella odierna) che vive una predominante concezione di tempo lineare, una parentesi che va a scandire e a richiedere una ciclicità. La festa tradizionale è una forma rituale periodica e si colloca nel calendario parallelamente allo scorrere delle stagioni, dei cicli agrari, di quelli cosmici (solstizi, equinozi). Il ripetersi annuale delle celebrazioni tradizionali, che sancisce una presenza del tempo ciclico accanto a quello lineare, dà la sensazione che esista una permanenza che trascende l’invecchiamento e la scomparsa delle generazioni; la reiterazione delle occasioni festivo-rituali appare insomma una prova rassicurante di continuità. Accanto alla parola rito, quindi, un’altra è fondamentale: tempo.

Festa popolare

Scrive Franco Cardini: «È soprattutto al tempo come esaurimento, come corruzione, come senescenza, che si vuole sfuggire. Il tempo spaventa, essenzialmente, per il suo carattere d’irrimediabilità e di progressività: noi non lo temiamo in assoluto, e difatti non temiamo il tempo “ciclico”, quello della liturgia, delle grandi feste calendariali, il tempo del mito dell’Eterno Ritorno; temiamo il tempo storico, quello lineare, che per sua natura ha una fine» (F. Cardini, I giorni del sacro. Il libro delle feste, Milano 1983, p. 11).

Un altro tema importante è quello del rapporto tra sacro e profano. Si crede di poter distinguere, senza problemi, le feste religiose da quelle profane in quanto le prime, da noi, non possono essere che quelle riconosciute come tali dalla tradizione cristiana. Ma, come annotava Pierre Smith, «il Carnevale non è una festa cristiana, ma si iscrive con pertinenza nel calendario liturgico, in quanto il martedì grasso precede in maniera assai significativa il mercoledì delle Ceneri e i giorni di magro della quaresima. Inversamente, quella grande festa religiosa che è il Natale riceve tutto il suo colore da elementi (la figura di babbo Natale e i suoi regali ai bambini, l’abete illuminato in casa, le lunghe notti innevate del solstizio di dicembre, il cenone di famiglia, ecc.) che sono senza rapporto con la commemorazione liturgica in questione, e gli specialisti non possono giungere a sapere con certezza se questi apporti esterni al Cristianesimo siano semplicemente profani o, più misteriosamente, pagani, originati da un’altra religione dimenticata» (P. Smith, La festa nel suo contesto rituale, in Festa. Antropologia e semiotica, a cura di C. Bianco e M. Del Ninno, Firenze 1981, pp. 212-213).

In realtà l’avverbio «misteriosamente» non è qui appropriato: in feste e ricorrenze di derivazione arcaica è ovvio che una componente religiosa sia fondamentale, come è ovvio che siano state le vecchie religioni precristiane a fornire a tali feste date, contenuti, modelli, miti e riti. Non bisogna poi scordare che il processo di cristianizzazione non ha fatto tabula rasa del passato, anzi spesso si è limitato a mantenere date e significati di molte ricorrenze precedenti, semplicemente adattandoli ai propri canoni, in un processo che ha portato a commistioni e a sinergie.

Quello della festa è un giorno che va trascorso allontanandosi dalla condizione del quotidiano fatta di lavoro, che va vissuto con lo svago, il buon cibo, ecc., ma anche con la tensione emozionale che ogni momento di passaggio e ogni rito impongono. Perché l’astensione dal lavoro, il divertimento, il mangiar bene non bastano a fare la festa, che ha in sé di più. Se così non fosse, perché partecipare alla sagra annuale del proprio paese dovrebbe dare più emozione di un pomeriggio al luna park, o l’attesa delle notti di Natale o di Capodanno dovrebbe essere superiore a quella di una qualsiasi serata dedicata allo svago? Di festa le società hanno bisogno per non disgregarsi, per riconoscersi, reintegrarsi e rinnovarsi. Hanno, dunque, bisogno di rito e di sentire, di questo, il peso prezioso che conduce a radici lontane e profonde.

Il rischio è che a volte la forma sostituisca la sostanza; e ciò appare spesso inevitabile, perché si parla di forme nate per una società e un mondo che sono profondamente cambiati. Diciamo che vecchie forme vengono ora riproposte attraverso nuova sostanza, né potrebbe essere diversamente perché la stessa percezione di «tempo» ha cambiato registro, passando, come già detto, dall’essere «circolare» (basata cioè sul tempo ciclico, quello legato a scansioni astrali, agrarie e al «mito dell’eterno ritorno») all’essere «lineare».

È della concezione del tempo e del calendario che ci occuperemo nella prossima puntata, prima di affrontare, settimana per settimana, la descrizione e l’analisi delle relative ricorrenze tradizionali.

Libro Baldini

* Eraldo Baldini è nato Russi il 21 dicembre 1952 e vive a Ravenna. È scrittore e saggista. Ha iniziato a dedicarsi alla narrativa dalla fine degli anni ottanta, dopo essersi specializzato in antropologia culturale ed etnografia ed avere scritto diversi saggi in quei campi. La sua prima produzione a carattere mystery è la raccolta di racconti Nella nebbia pubblicata dallo stesso editore degli studi sul folklore romagnolo; la rinomanza di Baldini cresce poi gradualmente da quando, nel 1991, vince il Mystfest di Cattolica con il racconto Re di Carnevale. Per la sua narrativa viene coniato il termine di «gotico rurale» perché Baldini è riuscito a trasporre un genere tipicamente anglosassone e d’ambientazione urbana, nei siti a lui familiari della campagna romagnola. Nel 2009 è stata trasmessa su Rai Uno la fiction Mal’aria, tratta dall’omonimo suo romanzo.

Fra i suoi numerosi saggi ricordiamo:

  • Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, Halloween: nei giorni che i morti ritornano, Segrate, Einaudi, 2006
  • Eraldo Baldini, Norino Cani, Pietro Compagni, Pasqua di sangue. La Battaglia di Ravenna 11 aprile 1512, Ravenna, Longo, 2012
  • Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, Tenebroso Natale, Bari, Laterza, 2012
  • Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, Halloween:origine, significato e tradizione di una festa antica anche in Italia, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2015
  • Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, Calendario e tradizioni in Romagna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2016
  • Eraldo Baldini, Fantasmi e luoghi stregati di Romagna: tra mito, leggenda e cronaca, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2017
  • Eraldo Baldini e Aurora Bedeschi, Il fango, la fame, la peste. Clima, carestie ed epidemie in Romagna nel Medioevo e in Età moderna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2018
  • Eraldo Baldini, I giorni del sacro e del magico. Tradizioni “dimenticate” del ciclo dell’anno in Romagna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2018

Fra le sue opere narrative ricordiamo:

  • Urla nel grano, Faenza, Mobydick, 1994
  • Bambine, Roma, Theoria, 1995
  • Mal’aria, Milano, Frassinelli, 1998
  • Faccia di sale, Milano, Frassinelli, 1999
  • Gotico rurale, Milano, Frassinelli, 2000
  • Terra di nessuno, Milano, Frassinelli, 2001
  • Tre mani nel buio, Milano, Sperling & Kupfer, 2001
  • Nebbia e cenere, Torino, Einaudi, 2004
  • Come il lupo, Torino, Einaudi, 2006
  • Eraldo Baldini e Alessandro Fabbri, Quell’estate di sangue e di luna, Torino, Einaudi, 2008
  • L’uomo nero e la bicicletta blu, Torino, Einaudi, 2011
  • Nevicava sangue, Torino, Einaudi, 2013
  • Stirpe selvaggia, Torino, Einaudi, 2016
  • La palude dei fuochi erranti, Milano, Rizzoli, 2019

 

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