Agricoltura. Sindacati in audizione alla Regione: “Il caporalato in Romagna è in giacca e cravatta”

I rappresentanti di Cgil e Cisl -CILS: servizi 'chiavi in mano' a imprenditori

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Più sofisticato, scientifico e quindi pericoloso: il caporalato in agricoltura in Emilia-Romagna, al contrario del fenomeno nel Sud del Paese, si presenta in giacca e cravatta ed è nascosto dietro ad un appalto”. E’ questo il quadro che è emerso durante l’audizione, nella seduta congiunta delle commissioni Lavoro (presieduta da Giuseppe Paruolo) e Politiche economiche (presieduta da Luciana Serri) della Regione Emilia-Romagna, delle organizzazioni sindacali Flai-Cgil, presente con il segretario regionale Umberto Franciosi, e della Fai-Cisl, in Regione con il segretario regionale Daniele Saporetti, chiamate a parlare dei fenomeni di sfruttamento del lavoro agricolo in Romagna. 

“Quello che si trova in Emilia-Romagna – ha esordito Franciosi – è un fenomeno diverso da quello che possiamo trovare a livello nazionale. Non è uguale a quello che si verifica in Puglia, Basilicata, Campania. E più sofisticato. Al Sud è chiaramente individuabile il committente, il caporale. Qui invece no. Dietro al caporalato in Emilia-Romagna c’è un sistema di colletti bianchi che prendendo lavori in appalto nascondono lo sfruttamento della manodopera”. “E’ un sistema – ha sottolineato il sindacalista – già visto nel comparto della macellazione delle carni. Il piccolo-medio imprenditore agricolo, appaltando la raccolta della frutta a queste ‘società esterne’, abbatte i costi e semplifica la gestione della burocrazia. Bisogna inventare un sistema per fare in modo che l’agricoltore non trovi manodopera a sfruttamento. Un modo può essere quello di far finalmente incontrare domanda e offerta utilizzando i centri per l’impiego, oppure incrociando le banche dati perché oggi, unendo tutti i dati in possesso dei vari enti pubblici, è impossibile non trovare le imprese che non sono sane”. 

Il legame tra caporalato e mondo degli appalti in agricoltura è stato rimarcato anche da Saporetti che ha anche aggiunto che il fenomeno “prolifera quando c’è omertà. I lavoratori, che sono per la maggior parte extracomunitari, vengono ricattati e ammassati in alloggi fatiscenti e non hanno il potere per ribellarsi”. E infatti, ha raccontato Mauro Spazzoli della Cgil-Flai di Cesena, “il rapporto tra segnalazioni e denunce è sproporzionato in favore delle prime. Molti lavoratori vengono da noi ma poi alla segnalazione non fa seguito una denuncia”.

Per l’assessore all’Agricoltura Simona Caselli questo è un fenomeno “inammissibile da due punti di vista: quello etico e quello economico. Nella nostra regione il caporalato è ancora più sinistro di quello che avviene nel Sud. Da noi non ci sono camioncini che scelgono uomini ammassati sul ciglio della strada. Qui il caporale si presenta con la faccia pulita, come l’uomo che penserà a tutto e che offre un servizio chiavi in mano. Da tempo la Regione sta mettendo in atto azioni per smantellare questo sistema”.

L’audizione è stata richiesta dal pentastellato Andrea Bertani che ha rimarcato come “il primo passo per affrontare un problema, emerso da alcuni primi campanelli d’allarme, è quello di ascoltare per comprendere meglio i fenomeni”. Il consigliere del Movimento 5 stelle ha voluto mettere l’accento sul tema della paga, “3-4 euro l’ora”, e su quello degli alloggi proponendo di mappare ogni situazione legata al fenomeno del caporalato, come è stato fatto per i beni requisiti alle mafie e per i fatti collegati ai clan in regione, “per far emergere sempre più il fenomeno”. 

Manuela Rontini del Partito democratico ha invece portato l’attenzione della commissione “sulle imprese agricole che richiedono indietro il Tfr, in contanti, ai propri lavoratori”. Mentre l’altro dem Antonio Mumolo ha proposto, “come per le cooperative spurie, la creazione di indicatori che facciano emergere i fenomeni di caporalato”. E ha aggiunto: “Oggi bisogna cercare di sbilanciare la bilancia dei ‘costi e dei benefici’. Se non è conveniente, anzi è rischioso, utilizzare manodopera sottopagata allora il caporalato non esisterebbe. E possibile, per esempio, far causa all’azienda anche se il lavoratore non ha il permesso di soggiorno ed è possibile far condannare imprenditori senza scrupoli al pagamento di tutti i contributi dovuti e degli stipendi”. Presenti all’udienza anche il presidente, Luca Sabattini, e il vice, Giulia Gibertoni, della commissione speciale di ricerca e studio sulle cooperative spurie che hanno messo l’accento sulla particolarità del settore agricolo e sulla necessità di far parlare tra loro le banche dati per far emergere l’illegale e dividerlo da chi opera invece nell’illegalità. 

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